martedì 15 aprile 2014

IL POPULISMO NON PAGA. TRA POCO FINIRA' IL BLUFF DEL BULLO DI FIRENZE

Lo spettro di una manovra bis allontana lo sconto Irpef. Sono sempre più a rischio gli 80 euro al mese in più che Matteo Renzi vuole mettere già nella busta paga di maggio. Da Bruxelles sarebbe arrivata una richiesta (al momento informale) di intervenire per evitare un nuovo sforamento del tetto del 3 per cento con conseguente ed ennesima procedura d’infrazione.
DIVERSITA’ DI VEDUTE. Alla base del contendere, e in  estrema sintesi, ci sono le diverse valutazioni tra Roma e Bruxelles sullo stato economico che ha accompagnato e accompagnerà il Belpaese nel prossimo biennio.
L’Italia vede per quest’anno un deficit strutturale dello 0,6 per cento, che si ridurrà nel 2015 allo 0,1. E in questo range si potrebbero trovare le risorse per una serie di manovre espansive, come per l’appunto il taglio dell’Irpef, focalizzato sui redditi inferiori a 25mila euro annui.
La Commissione invece non vede in l’Italia la stessa dinamica su consumi e investimenti ipotizzata dal governo nel Def e ipotizza per l’anno in corso un pareggio secco di bilancio. Salterebbe così lo 0,5 di Pil in più che Padoan ha calcolato di recuperare nel 2015, con il risultato di ritrovarsi, secondo Bruxelles, con uno sforamento dello 0,8 per cento alla fine del prossimo biennio, senza i soldi per coprire il taglio Irpef e con l’apertura di una nuova procedura d’infrazione.
LO SPETTRO DI UNA MANOVRA BIS. Tanto basta per capire che dopo le Europee – e cioè quando la Ue valuterà il Def  e il Piano nazionale delle riforme – si terrà un serrato confronto tra Renzi e le autorità del Vecchio Continente. E le parti discuteranno non soltanto di un rientro più morbido del debito come previsto dal fiscal compact (un ventesimo secco all’anno), ma soprattutto di come evitare una manovra bis, letale per la già flebile ripresa del Belpaese.
Dalla parte della commissione il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta. Secondo l’ex ministro: «Rischiamo di finire ad oltre il 3,5 per cento di deficit nominale, tornando alla procedura di infrazione dell’Unione europea». Anche perché «se l’Italia avesse obbedito al documento di monitoraggio e messa in stato di allerta da parte dell’Europa, avrebbe dovuto mettere già in conto al Def una manovra correttiva da 7-10 miliardi di euro».
LA VERSIONE DI RENZI. Nessuna replica da Palazzo Chigi, anche se a stretto giro Mauro Guerra del Pd ha detto che a non tornare «sono soltanto i conti di Brunetta». Eppure qualche giorno fa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aveva parlato per il 2015 di «una manovra di consolidamento interamente finanziata da riduzioni di spesa per 0,3 punti percentuali di Pil», pari a 4,9 miliardi di euro.
LO STATO SPENDACCIONE. Intanto le finanze italiane continuano a pagare l’onda lunga della crisi. L’ultimo Bollettino statistico della Banca d’Italia ha reso noto che a febbraio il debito pubblico è aumentato di altri 17,5 miliardi, raggiungendo il livello record di 2107,2 miliardi di euro. Soldi – ed è questo il dato più allarmante  - legati soprattutto alla nuova crescita del fabbisogno delle amministrazioni centrali (in totale 10,7 miliardi di euro in più). Infatti si è invertita la tendenza, scattata con la riforma del Titolo V, che vede la spesa degli enti locali crescere più del dovuto. Ora la provincia si mostra più virtuosa, mentre a correre è quella delle amministrazioni centrali. Infatti se il debito di queste ultime è aumentato di 19,0 miliardi, quello della periferia è diminuito di 1,5 miliardi. Sostanzialmente invariato quello degli enti previdenziali. source