Ho paura. Personalmente ho tanta paura, soprattutto
come investitore e risparmiatore privato. Il recente successo del Fronte
National in Francia alle elezioni comunali ormai lascia prevedere una calda
estate, forse peggiore di quella del 2011 quando qualcuno si ricorderà
ancora la famosa copertina dell'Economist con l'euro ridotto a stella
cadente ed il titolo che si chiedeva “siamo arrivati alla fine ?”. Le
elezioni del 25 Maggio ormai evidenziano un quadro piuttosto ben delineato
proiettando un successo quasi glorioso da parte dei movimenti euroscettici. In
Italia ormai siamo al limite di tenuta: 50% dei votanti contrari all'uscita
dall'euro (e quindi dopo anche dall'Europa), un 40% di votanti favorevoli
e un 10% di indecisi. Solo tre anni fa i credenti nell'euro erano oltre il 75%,
mentre i contrari erano relegati ad una sorta di eretici o tifosi ultras dei
mercati finanziari. Il deterioramento del tessuto sociale, l'aumento della
disoccupazione, la rabbia delle persone, la sensazione di impotenza
innanzi a quanto sta accadendo ha portato milioni di persone a sfogarsi
contro qualcuno (l'Europa) e contro qualcosa (l'Euro) considerati gli unici
responsabili di quanto sta accadendo.
Molti partiti e leader politici hanno sapientemente cavalcato
questo malcontento facendone oggi un cavallo di battaglia, sbandierando una
nuova lotta di classe al grido di “fuori dall'euro”. Non vivo credendo che
l'euro sia un dogma o un totem a cui genoflettersi per il resto della propria
vita, tuttavia chi è un fervente noeuro dovrebbe soffermarsi a
riflettere sui seguenti dati macroeconomici. Il PIL della Grecia - con dati
espressi in USD - tra il 2000 ed il 2012 è passato da 124 MLD a 249 MLD (101%
di crescita), la Spagna nello stesso periodo è passata da 580 MLD a 1.323 MLD
(128% di crescita), la Francia da 1.326 MLD a 2.612 MLD (97% di crescita), la
Germania da 1.886 MLD a 3.428 MLD (81% di crescita) ed infine l'Italia da 1.104
MLD a 2.014 MlD (82% di crescita). A titolo di ulteriore comparazione - con
dati sempre espressi in USD - il Regno Unito è passato da 1.493 MLD a 2.471 MLD
di USD (crescita del 65%). Quindi per riepilogare la nazione che è cresciuta
di più in assoluto durante l'era della moneta unica è stata la Spagna,
seguita dalla Grecia, dalla Francia, dall'Italia e dall'ultima Germania.
Tuttavia molto peggio di Germania e Italia ha fatto il Regno Unito nonostante
la tanto conclamata propria sovranità monetaria.
L'Italia rispetto ai paesi citati in questione si
trova tuttavia al primo posto se compiliamo un'altra classifica quella
di chi ha fatto più debito pubblico sia in termini quantitativi che qualitativi
(rapporto debito sul PIL), infatti tra il 2000 ed il 2012 il debito pubblico in
Italia è passato da 1.314 MLD a oltre 2.007 MLD con una crescita del 53%.
Sappiamo tutti a che cosa è servito questo debito: foraggiare clientelismi,
finanziare ammortizzatori sociali per ottenere consenso elettorale, dare
copertura di bilancio a deficit prodotti da cattive gestioni della spesa pubblica,
mantenere apparati ed enti di stato utili solo per assecondare e parcheggiare
qualche trombato della politica italiana. In Italia l'euro è ormai diventato
la grande scusa per non cambiare il paese e per non incidere su quei gangli
dello stato che hanno contribuito a generare un 53% di crescita del debito
pubblico in dodici anni. Oltre a quanto sopra ci siamo trovati anche a dover
fare i conti con una sfavorevole convergenza di altri fattori
macroeconomici, fuori dal nostro controllo, che ci hanno ulteriormente
indebolito: come l'ingresso - malgestito - della Cina nel WTO, la
deregolamentazione dei mercati finanziari e un eccesso di ricorso al debito
da parte delle famiglie negli ultimi dieci anni.
Va tanto di
moda, sempre nei talk show, affermare che uscire dall'euro si avrebbero più
vantaggi che svantaggi, premesso che quanto sopra dovrebbe far capire che siamo
cresciuti poco non a causa dell'euro ma per il nostro maledetto malcostume
italano, vi invito a ricordare cosa accadde nel 1995 con la vicenda dei
mutui in ECU (European Currency Unit), la moneta virtuale da cui prese vita
negli anni successivi l'attuale euro. A seguito dell'abbandono dello SME da
parte dell'Italia, la lira si svalutò di circa il 30% nei confronti
dell'ECU (allora un paniere di dodici divise nazionali) e chi aveva contratto
mutui in ECU, allora molto convenienti per il tasso di interesse che
proponevano, si trovò a vivere dentro un incubo. A causa di questo chi
aveva contratto un mutuo a quindici anni e aveva già pagato da cinque anni le
rispettive rate, si trovava a non avere ancora rimborsato alcuna quota
capitale e appena una parte degli interessi: gli istituti di credito e le
banche corsero ai ripari proponendo estinzioni di mutuo in ECU (con
applicazioni a raffica di penali e commissioni) e relativa conversione del
nuovo debito in lire italiane, altre soluzioni furono la rinegoziazione del
mutuo allungandone la durata. Fortunatamente si trattava di qualche
decina di migliaia di contratti di mutuo: immaginate oggi invece la stessa
scena con milioni di mutui espressi ed erogati in euro a famiglie ed
imprese.
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com