martedì 4 marzo 2014

IL NUOVO CHE AVANZA: LA TASSAZIONE DEI BOT



Matteo Renzi rivela il suo vero volto di conservatore retrogrado e liberista: il PD continua ad essere il partito delle tasse. Per allentare il cuneo fiscale sulle aziende si tassa il piccolo risparmio. Vergogna.



Nonostante le smentite di Palazzo Chigi all’intervista del sottosegretario Graziano Del Rio sull’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, in particolare, sui titoli di stato, la macchina della stangata si sarebbe messa in moto a Via XX Settembre, dove il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, stima in 2,98 miliardi di euro il gettito per lo stato, derivante da un aumento dell’aliquota dal 12,50% al 20% sugli interessi di BoT e BTp.  
Rendite finanziarie e taglio cuneo fiscale
Il provvedimento era stato invocato dal responsabile economico del PD, Filippo Taddei, il quale continua a ribadire che chi risparmia, lavora, per cui al netto dovrebbe beneficiare del taglio al cuneo fiscale, previsto per 10 miliardi di euro. Infatti, i 3 miliardi del maggiore gettito sulle rendite andrebbe a finanziare il taglio delle imposte sul lavoro. I restanti 7 miliardi arriverebbero dalla “spending review” affidata dal governo Letta a Carlo Cottarelli.
Le critiche alla stangata
Non sono servite, quindi, le critiche arrivate dal responsabile per il debito pubblico, Maria Cannata, alto dirigente del Tesoro, che la scorsa settimana ha avvertito sui rischi che un aumento della tassazione avrebbe sulla domanda di titoli di stato, nonché sul fatto che a pagare sarebbero i “nettisti”, ossia i piccoli risparmiatori, visto che i “lordisti”, ossia le banche e i fondi, sottopongono gli interessi maturati su BoT e BTp a diversa tassazione.
E con rendimenti ai minimi da molti anni, il rischio per il piccolo risparmiatore è che la stangata annulli in molti casi quel guadagno risibile ormai ottenibile sui titoli a medio-lunga scadenza. Si pensi, ad esempio, che in questi giorni un BTp a 10 anni rende meno del 3,5%. Un fatto eccezionalmente positivo per le casse statali, ma che implica una limitazione notevole dell’attesa di guadagno da parte dei risparmiatori.
Per non parlare del fatto che bisogna investire in titoli almeno biennali per ottenere un rendimento reale positivo, ossia al netto dell’inflazione. 
Un esempio
In termini reali, la maggiore tassazione potrebbe intaccare l’investimento. Facciamo un esempio: chi investe in un BTp  10 anni, ottiene un rendimento annuo oggi del 3,5%. Calcolando che l’inflazione-obiettivo della BCE è al 2% annuo – sebbene oggi si aggiri in Italia appena allo 0,5% – il rendimento lordo reale sarebbe di appena l’1,5%. Ma sul 3,5% maturato, dovremmo togliere lo 0,7% in tasse (ipotizzando nulle le commissioni). Resta un margine di solo lo 0,8% annuo.  Da ciò dovremmo sottrarre ancora lo 0,2% dell’imposta di bollo sul conto titoli. Resta un magro 0,6%. E se ci spostiamo su scadenze più brevi, che rendono di meno, il rischio concreto è che l’investimento non sia neppure compensato.
Giuseppe Timpone per Investireoggi