giovedì 13 marzo 2014

IL BULLO DI FIRENZE E LA PARTITA DI POKER



Il premier sta giocando una partita di poker al buio, confidando nella sua buona stella e nella crescita del denominatore del rapporto deficit/PIL. In realtà sta impiegando una parte delle risorse prodotte dalle manovre drastiche e rigoriste ispirate dalla Germania al governo Monti soprattutto e, in parte, al governo Letta. Il bullo di Pontassieve gioca dunque d'azzardo sulla nostra pelle, perchè le coperture finanziarie per tutti i provvedimenti annunciati semplicemente non ci sono. L'Europa ha subito capito l'antifona, e richiama bruscamente l'Italia a rientrare nella gabbia del fiscal compact. Quello sciagurato di Monti ha fatto mettere in Costituzione il non superamento del 3% del rapporto deficit/PIL e l'impegno di abbassare del 5% l'anno il debito pubblico. Fonzie sta andando nella direzione esattamente contraria. Probabilmente sarebbe stata auspicabile una maggiore cautela ed una progressività graduale degli interventi su fisco e mercato del lavoro. Se vogliamo continuare a restare in Europa dobiamo sottostare alle regole stabilite dalla Commissione Europea. Altrimenti ce ne possiamo andare riutilizzando la nostra povera liretta che sarebbe fatta a pezzi dai mercati valutari nel giro di poche settimane. Trovandoci, giocoforza, nell'obbligo di restare nell'UE, non ci possiamo permettere di giocare d'azzardo con le sorti del nostro paese. E' sicuramente consolante il fatto che Fonzie ci abbia avvisato che, nel caso dovesse fallire, sarebbe solo sua le responsabilità e la colpa. Ma qui il problema è che la partita di poker Fonzie non la gioca con i soldi suoi, ma con il patrimonio degli italiani. Se vince bene, se perde perdiamo tutti, l'Italia intera. Non ci importa molto, una volta arrivati al livello della Grecia, del fatto che Fonzie ci abbia messo la faccia: non si gioca con le sorti di una intera nazione scommettendo su di una eventualità aleatoria. Lui perderà la faccia, noi scivoliamo nella povertà assoluta.




Ed il Mercoledì da Leoni alfine arrivò. L’hype era stato costruito accuratamente: in tutte le trasmissioni televisive, pure nelle previsioni del tempo, era passato il messaggio che oggi ci sarebbe stata la Svolta. Provvedimenti economici che avrebbero fatto ripartire l’Italia e rovesciato finalmente la discesa in una crisi sempre peggiore.
MATTEO RENZI E I SOGNI – La prime avvisaglie che non tutto si sarebbe svolto nel verso giusto sono arrivate dall’audizione di Mr. Spending Review, al secolo Carlo Cottarelli, alla Commissione Bilancio del Senato. Una settantina di slide volte a spiegare i tagli e le razionalizzazioni possibili: per quelle immediate si parte da alcuni sempre vecchi cavalli di battaglia come la razionalizzazione delle Auto Blu, all’ennesimo “contributo temporaneo” da parte del 15% di percettori di pensioni più alte, senza alcun intervento strutturale di riordino di questo settore (come al solito), a tagli ai stipendi dirigenziali della Pubblica Amministrazione ed acquisti di beni e servizi.
Di seguito sono arrivati gli interventi di lungo periodo che, pur se spesso condivisibili, sono cose sentite e risentite come i costi standard nella Sanità, i risparmi sulle spese per immobili, l’accorpamento di funzioni dei vari organi di polizia o il taglio per 6 mld. dei sussidi alle imprese. Cose mai sentite, come abbiamo fatto a non pensarci prima vero? Fra le poche novità l’eliminazione del CNEL, per il quale ci vuole una modifica costituzionale però, e il piano di ristrutturazione delle sedi RAI che ha già ricevuto l’entusiastico appoggio dell’USIGRAI.
DREAMS, DREAMS, DREAMS – In sintesi, proposte che pur se in buona parte difficilmente criticabili nella ratio sono anche anni che sono ripetute ad ogni cambio di governo ed alla fine si scontrano con la realtà della mancanza di un consenso politico e sociale che possa permettere di attuarle. Ma diamole per buone perché il meglio deve ancora venire, cioè alla parte relativa ai numeri, dove al posto di Cottarelli abbiamo avuto, come in un flashback, la visione di un occhialuto commercialista di Sondrio: iniziando immediatamente i risparmi sarebbero 7 miliardi, ma però è già iniziato l’anno quindi diventano 5, ma forse è meglio essere realistici e dire che alla fine per il 2014 si riuscirebbe a risparmiarne 3. Ma attenti, nel 2015 sarebbero 18 miliardi di risparmi. E nel 2016 34 miliardi. Se l’audizione non fosse finita forse si sarebbe continuato sulla scala esponenziale, in puro stile Tremonti, fino a passare il centinaio di miliardi.

L’INFORMATIVA SULL’ECONOMIA -
Il piatto forte della giornata, i provvedimenti economici per la Svolta, dopo l’audizione di Cottarelli vengono, chissà come mai, subito declassati ad “informativa”. E qui, dopo tanta spasmodica attesa, iniziano i veri fuochi d’artificio mediatici, roba che il Contratto con gli Italiani sembra al confronto una sobria scena da Controriforma seicentesca. Si inizia coi 1000 euro all’anno per tutti quelli che guadagnano meno di 1500 euro al mese, circa 10 milioni di persone, tramite sgravi IRPEF. La copertura? 10 miliardi, ce li ho già qui, 7 miliardi dalla Spending Review. Ma come non erano 3 miliardi? Ma sì dettagli, e poi abbiamo ancora 6 miliardi di margine rispetto al tetto del deficit del 3%. Ma se la Commissione Europea sta aprendo una procedura di infrazione all’Italia per debito eccessivo ed abbiamo già superato il limite del deficit strutturale dello 0,5%? Quisquiglie, abbiamo poi altri 4 miliardi dal risparmio sugli interessi sul debito pubblico. E comunque mica ve li diamo subito, mi sarebbe piaciuto, ma non ce la fo, si fa dal 1 maggio, giusto prima delle elezioni europee, che vi credevate? E comunque ripeto tutto entro i margini di spesa indicati dall’Europa. Vabbé.
LE DOMANDE DI DE NARDIS E POLILLO - Nessuno ovviamente si fa la domanda che si è posto sia De Nardis che l’ex sottosegretario Polillo cioè che senza un riequilibrio dei prezzi interni, tramite la riduzione del costo del lavoro (l’unico modo di “svalutare” in una unione monetaria), quei soldi andrebbero per un terzo in importazioni, cioè farebbe crescere il PIL degli altri.
Non finisce ovviamente qua, c’è poi il taglio del 10% dell’IRAP per le imprese, questo coperto da una “rimodulazione” dell’imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie dal 20 al 26%, esclusi i titoli di Stato (ma non le plusvalenza sugli stessi se venduti prima della scadenza). E qui a parte la copertura, che se arriverà ai 2-3 miliardi sarà un successone, ci sono da chiarire diverse cose. Per prima cosa non crediate che sia una manovra che colpirà la “finanza speculativa brutta e cattiva”: l’imposta sostitutiva viene pagata dai “nettisti” , in gran parte piccoli risparmiatori, che vedranno falcidiati i rendimenti dei loro investimenti, stante anche l’imposta di bollo introdotta da Monti che grava già sugli stessi. Mario Seminerio ha fatto un calcolo esemplificativo di quanto la nuova imposta graverà su uno degli strumenti più diffusi, il volgare conto corrente. Quindi questo sarà un disincentivo alla raccolta bancaria, sia attraverso depositi che obbligazioni, quindi alzerà il costo del denaro per le banche, quindi questo si tramuterà, visti i margini esigui che ci sono ora, in un aumento dei tassi di interesse sugli impieghi, quindi alla fine in un maggior costo per le imprese che utilizzano il credito bancario.
LA REDISTRIBUZIONE DEL PESO FISCALE – Al netto di tutto sembra una redistribuzione del peso fiscale delle imprese su quelle indebitate e sui piccoli risparmiatori, ma forse il ragionamento è più raffinato. Stante che in una situazione di crisi è diffusa una preferenza per la liquidità, cioè che i soggetti economici preferiscono risparmiare, per paura del futuro, che spendere (come testimoniato dall’incremento dei depositi bancari in questi ultimi mesi), un disincentivo al risparmio potrebbe fare aumentare i consumi e gli investimenti. Ma anche qua, senza prima aver sistemato i prezzi interni ciò si potrebbe tramutare in un aumento delle importazioni, il problema visto sopra. Insomma si sta giocando un po’ col fuoco considerato che proprio gli squilibri di bilancia commerciale con i restanti paesi della UE sono stata la principale causa dei nostri problemi e riacutizzarla non è esattamente la strada più consigliabile.
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Il resto degli annunci sono ancora più fantasmagorici, dal pagamento di tutti i restanti debiti della Pubblica Amministrazione, pari a 68, leggasi SESSANTOTTO, miliardi entro luglio, con quali soldi non si sa, al piano per la ristrutturazione per le scuole, altri 3,5 miliardi, a quello per la tutela del territorio, altri 1,6 miliardi, il piano casa, altri 1,7 miliardi, il taglio del 10% dei costi energetici per le imprese, a occhio altri 2 miliardi. Insomma miliardi come se piovesse. Sarà interessante adesso vedere come questi annunci si tramuteranno concretamente in disegni di legge oppure se la scure europea calerà implacabilmente sui sogni di gloria di Renzi, tramutandolo istantaneamente in un altro “dead man walking” come il povero Letta. (source)