venerdì 23 gennaio 2015

QE DI MARIO DRAGHI: ORA L'ITALIA PUO' TRANQUILLAMENTE FALLIRE



Non è sfuggito a nessuno, mercati finanziari per primi, che il “quantitative easing” varato ieri dalla BCE sia stato sorprendente da un punto di vista dell’importo degli acquisti mensili – 60 miliardi, contro i 50 previsti – ma che abbia fornito più di una ragione di riflessione per le condizioni previste a subordine del piano.
Per prima cosa, il “risk sharing”, ossia la condivisione del rischio a livello europeo, è di appena il 20%. La BCE potrà acquistare fino al 12% di titoli emessi da istituzioni europee (Bei, ESM) rispetto alla somma totale prevista dal QE, il cui rischio sarà interamente caricato sull’istituto, a cui si aggiunge un altro 8% di bond governativi interamente accollati come rischio a Francoforte. Il restante 80% dovrà essere sostenuto dalle banche centrali nazionali, in ragione della quota di acquisto dei titoli di stato di ciascun paese. 
Il QE è un cappio al collo dell’Italia?
La sensazione è che Mario Draghi abbia voluto stupire con la quantità, al fine di superare l’altrimenti prevedibile disappunto del mercato per l’avere addossato agli istituti nazionali la quasi totalità del rischio. Ma non è tutto. Ieri, a caldo, avevamo commentato che la BCE acquisterà titoli di qualsiasi rating, dopo che in conferenza stampa Draghi aveva affermato che non ci sarebbero state eccezioni per la Grecia. In realtà, leggendo il comunicato dell’Eurotower scopriamo che saranno acquistati solo i titoli con rating “investment grade”. Stando alla classificazione dell’agenzia Standard & Poor’s, si tratta di bond governativi con giudizio almeno pari a BBB-.
Da quanto sopra detto, deriva che il raggio di azione dei governi italiani, Renzi e chi verrà dopo di lui, si riduce, contrariamente a quello che si potrebbe ipotizzare a un’analisi superficiale. Vediamo perché. 
L’Italia ha un debito pubblico di 2.165 miliardi di euro. Di questo, circa 650 miliardi sono nelle mani degli investitori stranieri, vale a dire un terzo del debito quotato sul mercato secondario. Con il QE, la BCE toglierebbe da questo mercato intorno a 200 miliardi, di cui l’80% del rischio sarà a carico della Banca d’Italia, ovvero 160 miliardi. Attenzione: dei 40 miliardi che la BCE si accollerà come rischio, l’Italia vi rientrerà per una quota pari al 18%, la percentuale del suo capitale nell’istituto. In altri termini, dei 200 miliardi che Francoforte acquisterà dei nostri BTp, l’84% si tradurrà in un trasferimento del rischio e di debito dall’estero verso il Belpaese, ipotizzando che saranno verosimilmente gli investitori stranieri a sbarazzarsi dei nostri bond, alla ricerca di rendimenti più elevati altrove.
Se non vi è ancora chiaro il concetto, col QE l’Italia riacquisterà parte del suo debito dagli investitori stranieri e arriverà a possedere quasi l’80% dell’indebitamento complessivo, con la conseguenza che se anche fallisse (ipotesi estrema), il resto del mondo non si straccerebbe le vesti, perché avrebbe ormai in mano pochi nostri BTp. 
Ma finora abbiamo sempre affermato più o meno dichiaratamente che l’unico peso contrattuale che il nostro paese ha verso la Germania e il resto dell’Eurozona è la minaccia di travolgere gli altri paesi, qualora dovesse essere costretta a ristrutturare il suo ingente debito. Ebbene, da qui ai prossimi 18 mesi, quella minaccia verrebbe quasi del tutto meno. Se anche fallissimo, le lacrime non uscirebbero fuori dai nostri confini nazionali.
Non è finita. Il debito pubblico italiano gode del più basso rating previsto per i titoli “investment grade”. Qualora S&P o Moody’s o Fitch decidessero di declassarlo di un solo altro gradino, la BCE non potrebbe più acquistare i BTp e lo spread volerebbe. Cosa significa in soldoni? Che il governo Renzi sarà tenuto per le orecchie; al minimo cenno di svogliatezza, Bruxelles gli dirà: “o fai come diciamo noi o siete spacciati”.
Col varo del QE, tanto atteso per stimolare la ripresa dell’economia (tutta da verificare), l’Italia sarà meno libera e avrà un peso contrattuale minore, al netto del fatto che dopo ieri la Germania vanterà un credito verso il resto dell’Eurozona. Pensavate forse che i tedeschi si sarebbero arresi alla “pazza” idea di stampare denaro e che ci avrebbero permesso di monetizzare il debito, accollandosi i rischi per noi?  (source)