C'è un dubbio non
piccolo che ha attraversato le prime audizioni tenute dal Copasir sul rapimento
di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo: come è stato possibile organizzare un
sequestro nello spazio di un paio di giorni? Perché le due ragazze sono
arrivate in Siria clandestinamente nella giornata del 28 luglio scorso. E sono
state sequestrate nella notte fra il 31 luglio e il primo agosto. In due giorni
come è possibile organizzare un sequestro che ha bisogno di logistica,
controlli sugli spostamenti, scelta del momento migliore, lunga pianificazione?
È la domanda che è echeggiata durante l’audizione al Copasir del direttore dei
servizi segreti italiani, il capo del Dis Giampiero Massolo. La risposta è
segretata negli atti del comitato di controllo sui servizi segreti. Ma chi l’ha
fatta non si è tirato indietro: Paolo Vitelli, deputato di Scelta civica. Che
spiega a Libero: «Il percorso in cui nasce questa faccenda è davvero ambiguo,
da approfondire. Non è chiaro come e quando sia stato pianificato il gesto criminale,
e se l’organizzazione sia partita dall’Italia, come è stato scritto e come
anche io sospetto». A Massolo Vitelli ha fatto una raffica di domande:
«Perché Greta e Vanessa sono entrate in Siria illegalmente, mentre il loro
accompagnatore no? Perché tempi così brevi tra il loro ingresso in terra
siriana e il rapimento, quasi a sottintendere che non si sia trattato solo di
un rapimento ad opera di un’organizzazione criminale, ma di un’operazione
pianificata a tavolino? Perché così tante illazioni su un presunto
coinvolgimento di soggetti italiani?». A Massolo, continua il membro del
Copasir, «ho posto sopratutto due domande: a quando risale l’organizzazione del
sequestro? E a dove risale?». Per questo sia il Copasir che la procura di Roma
stanno scandagliando la rete di rapporti che le due ragazze avevano prima del
loro viaggio con i siriani in Italia e con quelli che loro consideravano
«amici» che abitano in gran parte a Homs, una delle capitali della resistenza
al regime siriano. Fra questi ha attirato l’attenzione uno dei loro amici, con
cui avevano rapporti sui social network. La sua identità non è chiara. Su
Facebook si è registrato con un nome di fantasia: Maxemiliano Maximo. Di lui si
sa che viene da Homs e che sulla rete di conversazioni chat di Paltalk, la più
utilizzata dal mondo arabo, si fa chiamare «Abu Victor Shamia». Da tempo è
probabilmente il migliore amico siriano di Greta e Vanessa. Nella rete è
restata traccia delle sue conversazioni con le ragazze, di cui c’è evidenza
fotografica insieme a molti post-preghiera in ricordo dei «martiri» di
Homs. Il profilo FB di Abu Victor Shamia riportava fino a mercoledì come
immagine identificativa un biglietto commovente scrittogli in inglese da Greta.
Ma è diventata un giallo una chat con Vanessa, in cui lei gli dice di non
potere «paragonare le mie sofferenze alle tue. Ma voglio solo farti sapere che
c’è gente come me che vorrebbe realmente prendere metà del tuo dolore e
condividerlo». Nella foto è indicata l’ora di trasmissione del messaggio di
Vanessa: le 23 e 43. L’amico siriano l’ha postato il 9 novembre scorso,
quando da più di tre mesi Vanessa era nelle mani dei rapitori. Il post ha
attirato l’attenzione di altri amici siriani delle due ragazze, desiderosi di
sapere la data di quel messaggio: proveniva dalla prigionia? Era a quelle
sofferenze che si riferiva Vanessa? E se no, perché renderlo pubblico a tante
settimane dal rapimento? Lui non ha risposto. Ma dopo che il 21 gennaio su
Libero sono stati citati sia il biglietto di Greta che la chat di Vanessa, ha
ripulito il suo profilo FB, cancellando la chat. Probabilmente qualcuno
dall’Italia lo ha avvisato.
Franco Bechis per “Libero Quotidiano”