mercoledì 12 dicembre 2012

PAROLE, PAROLE, PAROLE



Uno dei peggiori vizi che contraddistingue il nostro paese è quello di parlare per ore senza dire un bel nulla. Si tratta di un vizio che ci deriva principalmente dalla televisione, sempre più un recipiente senza contenuto; i programmi pomeridiani, quelli di “intrattenimento” ne sono un fulgido esempio. Da qualche tempo è di moda la cronaca nera: e dai a parlare per ore di Roberta Ragusa, Melania Rea, Yara Gambirasio, Sarah Scazzi, e, ultimamente , della piccola Celentano. Si spacca il capello in quattro convinti di aver trovato il particolare rivelatore di chissà quale verità nascosta, per poi concludere che si è parlato per tre ore di una inezia che non sposta le indagini di un millimetro. Il parlare senza dire è una caratteristica fondante della nostra classe politica, quante volte abbiamo assistito ai vaniloqui di qualche politicante che cercava, senza neppure impegnarsi troppo, di trasmettere dei concetti inesistenti? In questo paese il linguaggio non è mai connotativo, denotativo, si parla sempre per metafore, per addolcire una pillola che risulterebbe altrimenti assai indigesta. I disabili sono “diversamente abili”, le manovre finanziarie sono “spending review” o “legge di stabilità”, anche se poi si tratta dei soliti tagli e nuove imposizioni fiscali. Recentemente il ministro della sanità ha avuto la faccia tosta di affermare, con un lungo giro inconcludente di parole, che il taglio dei posti letti ospedalieri non è una privazione, una sottrazione di risorse a disposizione dei cittadini, ma un arricchimento dell’offerta sanitaria, così più “razionalizzata”. Già, razionalizzata. Quando un lavoratore sente questa parola tocca istintivamente ferro: sa che sono  in arrivo i soliti tagli del personale. Il buonismo ipocrita e insulso è imperante: si parla di buoni sentimenti, si affoga in un mare di melassa zuccherosa, si parla di generosità degli italiani che non si sono mai tirati indietro quando si tratta di aiutare la ricerca sulle cause e la cura del raffreddore. Si chiedono continuamente soldi ai cittadini per colmare le voragini che lascia aperte uno Stato sempre più latitante. Nessuno vi viene a raccontare che, grazie alle politiche rigoriste tutte sacrifici e austerità della Germania, lo stato sociale sta per finire, e l’Europa sta imboccando la strada degli USA, proprio quando gli Stati Uniti fanno il percorso inverso. La sanità pubblica sarà sempre più bersagliata per far posto a quella privata, la scuola pubblica cade in pezzi, ma i politicanti di turno, per pura propaganda personale, vi parlano di “agenda digitale”, ogni studente avrà tablet e e-book, mentre il soffitto gli crolla sul capo. Prima o poi le scuole italiane saranno trasformate in fondazioni, se ne parla allusivamente da anni, anticamera della privatizzazione. E così la sanità: lo Stato non può reggere un sistema sanitario nazionale uguale per tutti, italiani e stranieri, magari clandestini. Al pronto soccorso, per il momento, nessuno vi chiede i documenti o il permesso di soggiorno, sarete trattati alla stessa stregua di un marocchino clandestino. E questo, prima o poi, con il debito pubblico che ci pesa sulla schiena, non può durare. Ma non troverete mai alcun politico o commentatore che vi dica: cari signori, il sistema sanitario è un buco nero che non possiamo continuare a colmare con le tasse pagate dai cittadini. Dobbiamo creare un sistema a due velocità: uno che veda la partecipazione economica del cittadino, per chi se lo può permettere, l’altro che garantisca i servizi essenziali per chi non può partecipare alla spesa. E’ triste, non lo nego, ma è così. E non mi si venga a dire che la Merkel e i tedeschi hanno sbagliato tutto, come sta facendo quel pallone gonfiato dell’economista Krugman: i sacrifici che la Germania richiede ai paesi latini, li ha diluiti nel corso di qualche decennio, come la formica rispetto alla cicala italiana, spagnola e portoghese. Prima le riforma strutturali, il rigore della spesa pubblica per ridurre il deficit, poi si può pensare ai provvedimenti che stimolino crescita e sviluppo economico, ma non esiste sviluppo con uno squilibrio così accentuato come il nostro rapporto debito/PIL. Sia come sia, noi italiani amiamo smisuratamente il linguaggio politicamente corretto, la lingua ripulita degli americani. Straniero è una brutta parola , meglio “extracomunitario” (anche uno svizzero è un extracomunitario), qualcuno aveva pensato persino a “non italofoni”. Siamo molto attenti al linguaggio, ma la cittadinanza italiana agli stranieri che risiedono da molti anni nel nostro paese non la vogliamo concedere, ci stracciamo le vesti davanti alle sofferenze degli ammalati, invochiamo la pietà di Dio e non esercitiamo la nostra: di eutanasia non se ne può neppure parlare, abbiamo il Vaticano in casa, non sia mai detto. E la chiesa di Roma ha deciso di farci soffrire fino all’ultimo respiro, per un meraviglioso senso di pietà cristiana. Non parliamo poi dell’altissimo tasso zuccherino che si mette in campo quando si parla di beneficenza: con un solo euro possiamo salvare la vita di decine di persone ecc. Ma la verità, ancora una volta non ce la racconta nessuno. Le organizzazione “no profit” o ”onlus” devono mantenere un apparato amministrativo ed organizzativo tale che una sola parte dei nostri denari prende veramente la strada giusta. La ricerca scientifica poi, e un’altra favola. Sono le multinazionali farmaceutiche che fanno il 90% della ricerca, sono loro a scoprire i nuovi farmaci, non la ricerca pubblica, che è del tutto marginale. La case farmaceutiche scoprono un nuovo principio attivo che, una volta autorizzata la commercializzazione, faranno pagare a caro prezzo ai pazienti che ne hanno bisogno, attraverso il sistema dei brevetti. Fortunatamente esiste internet. Anche se accessibile a tutti, anche agli asini, è uno strumento che, sapendolo utilizzare a dovere, fornisce informazioni non ipocrite e al netto della solita retorica televisiva. E’ uno strumento prezioso, occorre sapersi orizzontare e scegliere i siti giusti, ma una volta compiuta questa doverosa cernita, cerchiamo sempre di reperire notizie sulla rete e facciamo la tara a quello che ci raccontano i telegiornali.