Non abbiamo nulla di personale,
come è ovvio, contro la consigliera regionale della Lombardia Nicole Minetti.
Non ci saremmo neppure occupati di lei (non siamo abituati a fare gossip), se
non che la sua figura, il suo personaggio, è già diventata un’icona, il simbolo stesso
della mala politica. E’ difficile trovare tante cattive qualità racchiuse in
una sola persona. Nel suo caso è proprio così. Non è trapelata, dalla sua
scarna biografia, una sola qualità. La sua abissale ignoranza, il suo modo di
esprimersi, che emerge dalle intercettazioni, con quel metalinguaggio “giovanilistico”
fatto di slang povero e degradato, ogni tre parole una parolaccia, le
abbreviazioni da SMS, si potrebbe dire che la Minetti parla come un telefonino.
E poi, la sua figura di donna “impudente” in un primo tempo, con il suo
concedersi senza troppi scrupoli al Cavaliere, per poi divenirne la paraninfa,
la ruffiana, per parlare chiaro. Le donnine dell’Olgettina sono sotto la sua
tutela, gestisce e smista il traffico delle prostitute a Palazzo Grazioli, va a
prelevare in questura la nipote di
Mubarak Ruby Rubacuori per riconsegnarla alla casa di tolleranza dalla quale
era venuta. La carica imposta a Formigoni dal Cavaliere di consigliere regionale,
con il suo sguardo perennemente incollato all’I-Phone, ha fatto due soli
interventi, scritti da altri e interamente letti, uno dei quali sui vantaggi
del latte materno su quello artificiale, non proprio una tesi di laurea
insomma. I suoi modi sono volgari e a tratti brutali, la bocca rifatta, il seno
rigonfio, l’incedere da giumenta sculettante, tutto di lei trasuda di creme,
belletti ed estetica a buon mercato. La sua intervista, con un buffo chignon in
una trasmissione di canale 5, durante la quale non riesce a mettere insieme una
frase sensata dietro l’altra, l’unica cosa che appare chiara è il suo sostenere
che non occorre avere cultura per fare il mestiere dell’amministratore
pubblico, perché un consigliere regionale deve rappresentare tutti, anche il
bovaro più troglodita. Mai sentita una sciocchezza più colossale. Un
amministratore pubblico deve amministrare non rappresentare l’asineria delle
classi meno acculturate. Dio onnipotente, ma da dove è scaturita costei? Da una
costola del solito Berlusconi. Lentamente cominciamo a capire quanto male abbia
fatto quest’uomo inqualificabile alla cultura italiana. Berlusconi ha della
responsabilità talmente smisurate da risultare insopportabili per un solo uomo.
Meriterebbe l’inferno già qui, sulla terra e in questa vita. Per tornare alla
Minetti, prima che i suoi glutei risentano inevitabilmente della forza di
gravità, fa una sfilata con il lato B per una nota marca di costumi da bagno.
Ai giornalisti, stupefatta, risponde candida: “Beh, che c’è di male, un
politico non può fare una sfilata?” No, un politico non può fare una sfilata
solo per mettere in mostra le chiappe al vento. Ora vengono fuori le spese
personali impiegando denaro pubblico. Cene faraoniche da 800 euro, acquisti di
ogni tipo, abiti, calzature, libri (anche “mignottocrazia” di Paolo Guzzanti,
per ironia della sorte), perfino le caramelle. Tutto sul conto della Regione Lombardia,
viaggi, alberghi di lusso, vacanze. La Minetti, che non è una donna, si badi
bene, ma una parodia di donna, è un “personaggio”, non ha alcuno spessore umano, è solo una macchietta che cade nell’autocomicità,
è il simbolo stesso del berlusconismo, del modo di fare politica che scaturisce
da “porcellum” il sistema elettorale con il quale andremo di nuovo a votare.
Questo personaggio merita, se le accuse di peculato saranno provate, di farsi
un po’ di galera , non potrà che farle bene un passaggio a San Vittore, non per
avere il tempo di riflettere sulla sua condizione, dal momento che non ha le
capacità per approfondire e scavare nella propria coscienza, è irredimibile, ma
per castigarla così come si fa con una bambina cattiva. Sì, perché, uno dei
tratti della sua non complessa personalità è anche l’infantilismo. E’ puerile
come una bambina capricciosa. Se dovesse leggere questo pezzo, sarebbe sinceramente
stupefatta: ma cos’ha questo idiota, contro di me, che ho fatto di male? Alla
marea di critiche che le sono state rivolte, ha sempre glissato, alzato le
spalle e imputato le contumelie nei suoi confronti come pura e semplice
invidia. Tutta invidia perché lei, una ragazza spregiudicata sotto i trenta
anni ha fatto una brillante carriera, da esperta dei cavi orali, ad
amministratore locale e donna di fiducia del presidente del consiglio. Nicole
Minetti non è, ovviamente, il male assoluto. Non ne avrebbe neppure le
capacità, la statura immorale, l’intelligenza negativa, il nichilismo di fondo:
la sua personalità è sottile some una velina, le sue potenzialità sono quelle
di una bambina delle elementari. Però bisogna riconoscerle la capacità, del
tutto innata e quindi involontaria, di incarnare il modo di fare politica della
terza repubblica, il modo di farsi strada nella vita degli anni del secondo
millennio. Se la sua figura assurge a simbolo negativo di tutte le cattive
qualità, sia umane che politiche, di questo tempo, allora vuol dire che viviamo
anni davvero bui, che il degrado ed il clima da basso impero che respiriamo la
dice piuttosto lunga sulla miseria e la
povertà della nostra cultura e del nostro costume, ci spinge, anzi, ci obbliga
ad un severo esame di coscienza di quello che siamo diventati e di quello che
ci siamo lasciati sfuggire, il fatto che la crisi economica si è tradotta anche
in crisi di valori e di identità, che la nostra condizione attuale è una delle peggiori dal
secondo dopoguerra in poi.