venerdì 4 luglio 2014

SI PREPARA LA MANOVRA FINANZIARIA D'AUTUNNO



Altro che flessibilità sui conti pubblici. Quando finirà l’estate e si dovrà mettere mano alla contabilità per il 2015, i numeri avranno la testa dura e gli italiani troveranno una cattiva sorpresa. Da giorni circola negli ambienti politici un timore su tutti: la manovra correttiva.
Il pil è sceso nel primo trimestre dello 0,1% sui tre mesi precedenti, quando era sembrato che la lunga recessione iniziata nel 2011 fosse finita. Al contrario, nei giorni scorsi, sempre l’istituto di statistica ha stimato che anche nel secondo trimestre del 2014 potrebbe registrarsi una variazione congiunturale negativa del pil. La forchetta delle previsioni varia da un minimo del -0,1% a un massimo del +0,3%. Difficile che sia centrato l’obiettivo di crescita del +0,8%, indicato nelle stime del governo con il Def di marzo.
La crescita potrebbe essere pari a zero per quest’anno, mentre iniziano a registrarsi i primi segnali di allarme per i conti pubblici, che sono migliorati sì di 1,8 miliardi nel primo semestre su base annua, ma a giugno si è avuto un avanzo fiscale di 5,8 miliardi in meno dello stesso mese dell’anno precedente e, aldilà delle differenti scadenze delle entrate e delle spese effettuate, il ministro dell’Economia rileva tra le minori entrate anche l’impatto del bonus Renzi dei famosi 80 euro in busta paga.
Il guaio per il governo è che, stando ai primi dati, pare che le famiglie non stiano immettendo in circolazione gli 80 euro in più al mese, perché anziché consumarli, li starebbero risparmiando, magari timorosi che si tratti di una misura provvisoria. Comunque sia, la ripresa dei consumi e del pil non esiste e i conti pubblici languono.
Ma è l’entità dello scostamento rispetto all’obiettivo che fa paura. Nelle stanze del Partito Democratico s’ipotizzano 15-20 miliardi di manovra correttiva dei conti pubblici. Se così fosse, si tratterebbe di almeno un punto di pil, che dovrebbe essere reperito entro l’anno tra tagli alle spese e aumenti di tasse. L’impatto sull’economia sarebbe devastante, tanto che la Confindustria ha messo le mani avanti nelle scorse settimane e pur stimando una crescita di appena lo 0,2% per l’anno in corso, ha evidenziato come sarebbe controproducente una nuova manovra sui conti.
Dal governo sono arrivate solo smentite, ma c’è da scommettere che in estate si lavorerà al piano B, quello che si dovrebbe mettere in atto sin da settembre, qualora i conti pubblici deragliassero. Tanto più che dalla Germania non sono arrivate aperture sulla flessibilità chiesta da Matteo Renzi e semmai essa arriverà, certamente sarà limitata ad alcune voci di spesa e condizionata all’attuazione delle riforme.
Una delle voci di entrate preventivate sia dal governo Letta che da quello attuale riguarda le privatizzazioni: 12 miliardi all’anno per tre anni. Ad oggi, siamo a poche centinaia di milioni, visto che ad essere parzialmente privatizzata è stata ad ora solo Fincantieri, il cui collocamento è stato un flop. Proprio il timore di un altro insuccesso potrebbe allontanare la prospettiva di quotare in borsa anche Poste Italiane. Peccato, però, che questa porterebbe nelle casse del Tesoro 4 miliardi di euro, che oggi come oggi sono più che preziosi e irrinunciabili.
Il problema per Renzi è anche nei tempi: più passano i mesi, più i maggiori tagli o le maggiori entrate dovranno essere concentrati su un arco temporale minore, con evidenti contraccolpi sul piano del consenso politico e della stessa ripresa dell’economia. Il premier dovrà inventarsi qualcosa di più degli attacchi verbali contro la Germania, andati in scena ieri a Strasburgo. Se davvero parliamo di 15-20 miliardi di euro, saremmo dinnanzi a un nuovo fine 2011. (source)