martedì 27 maggio 2014

ALCUNE RIFLESSIONI SUL VOTO EUROPEO



Sul voto europeo, segnato da profonde implicazioni interne, si impone qualche riflessione. Intanto la percentuale degli astenuti (di cui non parla nessuno): quasi il 43% di non votanti significherà per forza qualcosa. Non c’è la solita disaffezione alla politica, la banale distanza tra paese reale e casta politica, no: questa volta nell’astensione c’è un valore aggiunto. C’è lo scoramento, l’amarezza, a volte la disperazione di chi non ce la fa più, di chi ha perduto lavoro, famiglia, risorse per campare (l’ultimo suicidio data pochi giorni fa), di coloro che si rendono conto che se la classe di politicanti che ci ritroviamo non batterà i pugni sul tavolo di Bruxelles e Francoforte, questa volta dal tunnel non usciamo più. Per chi ha votato, Renzi, il bullo di Firenze, ha stravinto, Grillo se ne ritorna a Sant’Ilario con le pive nel sacco. Ma a Renzi è stata firmata una cambiale in bianco: le promesse sono molte, mantenerle tutte è un’altra cosa. Il voto a Renzi (non al PD!) ha qualche connotazione fondamentale: la paura del nazifascismo evocato dall’urlante triviale populista Grillo, una persona colma di livore, di aggressività non repressa, di odio profondo e viscerale (si pensi al progetto bislacco di processi sommari popolari condotti sul web a politici, magistrati e giornalisti), il culto della personalità, il settarismo del movimento che rasenta il fanatismo religioso, la vaghezza dei propositi, l’inconcludenza di fondo, hanno fatto il resto. In questo, dobbiamo dirlo, il popolo italiano ha manifestato una certa maturità: arginare fino all’evitamento una deriva autoritaria tirannica da parte di un folle esagitato come Grillo è stata una bella dimostrazione di buon senso. Non parleremo neppure di Forza Italia, il cui leader, ormai completamente bollito, ha concluso la sua parabola politica, dopo venti anni che ci hanno ricordato, non solo temporalmente, il ventennio mussoliniano. Il vero nemico da abbattere era il partito di Grillo, un pericoloso Robespierre dei poveri, un rozzo e volgare populista che coltiva aspirazioni tiranniche. Ma adesso Renzi deve dimostrare che il voto attribuitogli sulla fiducia non è solo fondato su promesse e dichiarazioni di intenti: adesso bisogna andare in Europa e sventolare la minaccia di un referendum in Italia sull’euro: è l’unico modo per smuovere il pericoloso immobilismo tedesco ancora fermo sulle politiche del rigore e dell’austerità. Non basta la mancia elettorale dei famosi ottanta euro, che non risolvono un bel nulla: la barzelletta della ripartenza dei consumi con una simile somma è semplicemente demenziale. Dunque, le riforme: ci vuole una riforma epocale del mondo del lavoro, una sorta di New Deal che segue alla Grande Depressione, serve l’innesco di meccanismi economici che facciano ripartire la crescita e lo sviluppo, ma non utilizzando strumenti convenzionali. La crisi italiana è troppo profonda e radicata nel tessuto del paese: siamo l’unica nazione dell’eurozona tuttora in recessione, serve un colpo di reni formidabile. E questo Renzi non lo può fare, per il semplice motivo che gli mancano completamente le competenze. Non capisce nulla di economia e finanza, tanto è vero che è riuscito, con una mossa autolesionista a tassare il risparmio, perfino i conti correnti, una mossa palesemente anticostituzionale che ha inferto il colpo mortale alle magre, residue finanze degli italiani. E allora, se non ci sarà un cambiamento radicale delle politiche di investimento in questo paese, arriverà presto la ben nota “troika”, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea. In sostanza o Renzi smette di fare il buffone e comincia a governare davvero la crisi con provvedimenti shock all’economia, o l’Italia, volenti o meno, sarà commissariata. La perdita di sovranità non sarebbe di per sé un male: non siamo capaci di autodeterminarci, arriva qualcuno che è in grado di farlo dall’esterno. Ma il prezzo che saremmo costretti a pagare in questo caso sarebbe altissimo: gli aiuti europei non sono mai gratis, si ripagano con salatissimi interessi (vedi il caso della Grecia).  Non abbiamo davanti a noi molto tempo: l’ubriacatura che ha seguito la vittoria deve lasciare al più presto il posto ad un programma serio, anche radicale, oltre al proposito di farla finita una buona volta con il rigore e l’austerità, anche a costo di dividere l’euro in due monete: una per il nord e l’altra per il sud Europa. Ma tutte queste cose si possono realizzare con una solida preparazione, con una esperienza ed una cultura economica e politica che il bullo di Firenze non possiede: non basta essere giovani e propositivi, quando si arriva al dunque, in assenza di un patrimonio di conoscenze indispensabile, si finisce col balbettare vaghe idee di innovazione che sono vecchie ancor prima di vedere la luce. Forza Italia è un partito finito, il Nuovo Centro Destra ha superato lo sbarramento solo in virtù dell’alleanza con l’UDC, la Lega ha qualcosa da dire. Gli italiani, al di là della stucchevole retorica del migrante  buono ad ogni costo perché sfuggito alla miseria o alle torture di governi autoritari, costituisce un problema sempre più serio: siamo le porte dell’Europa ma all’Europa non importa un accidente, ce la dobbiamo cavare da soli: con una legislazione appropriata è giocoforza cercare di arginare una immigrazione altrimenti inarrestabile. Può darsi che la Lega parli alla pancia, prima ancora che alla mente degli italiani. Ma non le si può negare l’interpretazione autentica del pensiero della stragrande maggioranza della popolazione, stanca della trita demagogia della sinistra sulla società multietnica: che non è un arricchimento, al contrario è un impoverimento della nostra identità culturale e storica. Le questioni da affrontare sono dunque molteplici, le soluzioni mai facili: una revisione globale della sciagurata legge Fornero, una riforma vera, strutturale , del mercato del lavoro, la ridiscussione dei trattati europei con la conseguente cessazione dei sacrifici che ci hanno strangolato, una politica restrittiva sull’immigrazione, insomma la materia sulla quale dibattere non manca. Vedremo se il bullo di Firenze sa fare qualcosa di più che parlare a raffica. Noi, personalmente, lo dubitiamo fortemente. Lo dubita fortemente anche il 43% degli italiani che non si è recato a votare.