Se il nuovo primo ministro, nuovo si fa per dire,
Enrico Letta voleva veramente trasmettere un segnale di cambiamento e di
rinnovamento a tutta la popolazione italiana, facendo presagire che il suo
sarebbe stato finalmente un governo di rottura con il passato, al posto del
nuovo e contestato ministero per l'integrazione avrebbe dovuto proporre la
costituzione della Immigration & Checkpoint Authority, copiando
letteralmente il modus operandi di altri stati che hanno posto il monitoraggio
ed il controllo dell'immigrazione quasi come fosse una priorità nazionale. La
strada che invece ha intrapreso l'attuale governo purtroppo appare sin
dall'inizio decisamente infelice oltre che insensata sul piano economico.
Tralasciando i pietosi commenti sullo ius solis e sulla sua effettiva necessità
per questo paese in costante declino sociale, sembra vano ricordare a questi
nuovi interlocutori dello stato come si comportano invece altre nazioni
che hanno vissuto con molti decenni di anticipo rispetto a noi il fenomeno
dell'immigrazione sia controllata che clandestina. Ne ha fatto menzione anche
in più occasioni persino il primo ministro inglese, David Cameron,
sottolineando come ormai il multiculturalismo sia un fenomeno sociale con strascichi
economici completamente fallimentare.
L'integrazione razziale è la più grande menzogna
che sia stata raccontata e propagandata a popolazioni, originariamente molto
forti e radicate nella loro storia e cultura millenaria, con il solo scopo di poterle
indebolire e con il tempo annientare grazie ad un sistematico
assoggettamento al disegno globalizzante del consumo di massa. Nessuno si vuole
integrare con chi è diverso (paesi come
Israele ed il Giappone ne fanno la loro bandiera): gli stessi extra
comunitari che arrivano in Italia vogliono vivere e interagire (al di là
degli orari di lavoro) solo con i loro stessi simili o connazionali, per non
parlare delle faide che si instaurano tra le varie etnie per il controllo del
territorio anche nei quartieri delle città italiane. Pensiamo solo ad africani
contro slavi o asiatici contro sudamericani. Quando lo capiranno i finti
perbenisti italiani, che si spacciano per filosofi, per giornalisti radical
chic o per sindacalisti emergenti, che gli esseri umani sono fra di loro profondamente
disomogenei, sono uguali solo innanzi alla legge, ma sul piano
intellettuale, fisico, culturale ed affettivo sono profondamente diversi. Vi è
differenza tra un tedesco ed un austriaco, tra un italiano del nord ed uno del
sud, figuriamoci tra un cingalese ed un marocchino.
Il termine discriminare recepisce ormai sempre
più una valenza negativa in senso assoluto, grazie al contributo folle del
politically correct, qualunque esso sia il contesto per cui viene
utilizzato. Tuttavia discriminare, inteso etimologicamente come distinguere una
persona da un'altra, rappresenta una libertà assoluta di chiunque ovvero
quella di decidere con chi vivere e quella di decidere da chi stare lontano.
Non significa pertanto razzismo o apartheid come ci vogliono far credere, ma
solo una facoltà personale che non deve essere ostracizzata o criminalizzata. Nessuno
in passato ci ha chiesto se volevamo vivere e soprattutto integrarci con un
nigeriano, un cingalese o un serbo. Ci è stato semplicemente imposto. Qualcuno
ha deciso per tutti, sostenendo che l'integrazione multietnica avrebbe portato
ricchezza tanto economica quanto culturale. Ci avevano per questo promesso, che sarebbero entrati a lavorare
in Italia tecnici, docenti, dottori, ricercatori, architetti, informatici,
scienziati. Purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi vediamo solo escort,
badanti, spacciatori, balordi disperati e manovali generici privi di
particolare professionalità. Personalmente non mi voglio integrare con
una cultura che tratta la donna come un oggetto asservito alla mera
procreazione o con chi sgozza animali vivi stile sacrificio tribale nel proprio
giardino perchè la sua cultura e religione lo prevede.
Non parliamo
dei danni economici, ormai incalcolabili oltre che irreversibili: dati
oggettivi di cui non si parla mai in quanto profondamente scomodi all'establishment
mediatico. Solo le rimesse all'estero (in continua crescita) sono costate tra
il 2010, 2011 e 2012 quasi 21 miliardi di euro, (il taglio dell'IMU sulla prima
casa pesa 4 miliardi), denaro che dovrebbe circolare in Italia per
alimentare tanto i consumi interni quanto i depositi delle banche italiane, che
invece si mette in viaggio verso Cina, Bangladesh, Marocco, Senegal o Ucraina,
tanto per citare alcune prime mete di esportazione. La popolazione soggetta a
subire ed accettare sommessamente flussi di immigrazione selvaggia e non
qualificata produce forme di auto ghettizzazione sociale, per cui i quartieri
residenziali oggetto di penetrazione da parte delle minoranze etniche perdono
progressivamente la loro distintività ed il loro valore di mercato, diventando
step by step esempi di degrado urbano e microcriminalità. Impedire o
limitare la discriminazione in una nazione arroccandosi puerilmente a
sentimenti di farisaica bontà e giustizia morale produce le migliori condizioni
per innescare una devastante arma di distruzione economica di massa per il
tessuto sociale autoctono.
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com