La vicenda dei Marò è qualcosa di
allucinante, una sceneggiata all’italiana come poche, una tragicommedia che
vede l’Italia sempre nel suo solito ruolo di nazione-macchietta: fa la
voce grossa e poi si piega ai diktat di un paese del terzo mondo come l’India,
che in fatto di rispetto degli accordi e degli impegni presi non può certo
insegnare nulla a nessuno.
Ecco dunque il Governo Monti – a questo punto,
quanto di meno autorevole esista in Italia – che inscena la più brutta recita
che sia mai stata scritta in questa vicenda: prima decide di trattenere
i marò in Italia, approfittando di un “permesso” elettorale dato ai due per
votare; poi l’India “sequestra” il nostro ambasciatore come ripicca, e
cosa fa il Governo tecnico? Ci ripensa, e mogio mogio restituisce i marò, con
l’assicurazione che non verranno condannati alla pena capitale.
E ci si chiede poi perché poi l’Italia non è
presa sul serio in ambito internazionale. Di più: ci si chiede come sia
possibile che si sia arrivati a una simile vergogna. Il sospetto è che
l’Europa e i poteri forti ci abbiano messo lo zampino, anzi lo zampone.
Troppi interessi nel paese dove si adorano (ancora) le vacche; interessi
italiani e non solo, che non potevano essere pregiudicati per la misera vita di
due fucilieri della marina italiana. E quel colpo di testa non s’aveva da fare.
Trattenere i marò in Italia e lasciar sfumare contratti, commesse e chissà
quali altri affaracci italiani e stranieri? Non se ne parla nemmeno.
Ecco il perché del titolo. Zero orgoglio,
zero senso di patria, zero senso nazionale, zero, zero, zero. Siamo
sempre e solo la colonia di qualcuno. Una colonia che oggi non ha
neanche la forza di opporsi ai soprusi dell’ultimo venuto. Ma del resto cosa
pretendiamo da un paese che non è neanche in grado di esprimere un governo?
Rischiocalcolato
La domanda che ci dobbiamo fare è: se al posto di Latorre e Girone ci fossero stati due soldati francesi o, meglio, di sua Maestà britannica, pensate davvero che sarebbe finita così? No, dopo quindici giorni i soldati coinvolti in questa vicenda avrebbero fatto ritorno in patria. Adesso, dopo l'ennesima pagliacciata di questa specie di governo tecnico, i due marò sono destinati a restare in India (un paese lontanissimo dallo stato di diritto, dove vige la pena di morte ed una burocrazia inestricabile) per diversi anni. Saranno rimpallati da un tribunale all'altro che si contenderanno la competenza a giudicarli, saranno condannati, dovranno attendere altri mesi o anni per l'appello e il contrappello. Rimarranno invischiati nella mostruosa, farraginosa, imperscrutabile macchina della giustizia indiana che è tutto tranne che giusta. Le vittorie hanno molti padri: le sconfitte, in genere, sono orfane. Oggi abbiamo vissuto una cocente, grottesca, sconfitta internazionale. Ma noi sappiamo che si tratta di una sconfitta con un padre e anche una madre. Quest'ultima è un governo del Presidente che doveva fare solo cose economiche e si è occupato di questioni che non comprende e non è in grado di gestire. Il padre è un signore che si chiama Giulio Terzi, dice di essere il ministro degli esteri, prima annuncia che i marò sarebbero restati in patria, poi fa marcia indietro dicendo la cosa più stupida che si potesse concepire: "ci hanno garantito che non li condanneranno a morte". E ci mancherebbe altro! Il signor Terzi appartiene ad una delle due categorie citate nel titolo del presente post. Non aggiungo altro per non incorrere in una querela.
La domanda che ci dobbiamo fare è: se al posto di Latorre e Girone ci fossero stati due soldati francesi o, meglio, di sua Maestà britannica, pensate davvero che sarebbe finita così? No, dopo quindici giorni i soldati coinvolti in questa vicenda avrebbero fatto ritorno in patria. Adesso, dopo l'ennesima pagliacciata di questa specie di governo tecnico, i due marò sono destinati a restare in India (un paese lontanissimo dallo stato di diritto, dove vige la pena di morte ed una burocrazia inestricabile) per diversi anni. Saranno rimpallati da un tribunale all'altro che si contenderanno la competenza a giudicarli, saranno condannati, dovranno attendere altri mesi o anni per l'appello e il contrappello. Rimarranno invischiati nella mostruosa, farraginosa, imperscrutabile macchina della giustizia indiana che è tutto tranne che giusta. Le vittorie hanno molti padri: le sconfitte, in genere, sono orfane. Oggi abbiamo vissuto una cocente, grottesca, sconfitta internazionale. Ma noi sappiamo che si tratta di una sconfitta con un padre e anche una madre. Quest'ultima è un governo del Presidente che doveva fare solo cose economiche e si è occupato di questioni che non comprende e non è in grado di gestire. Il padre è un signore che si chiama Giulio Terzi, dice di essere il ministro degli esteri, prima annuncia che i marò sarebbero restati in patria, poi fa marcia indietro dicendo la cosa più stupida che si potesse concepire: "ci hanno garantito che non li condanneranno a morte". E ci mancherebbe altro! Il signor Terzi appartiene ad una delle due categorie citate nel titolo del presente post. Non aggiungo altro per non incorrere in una querela.