Esiste, nel variegato e
variopinto panorama del fisco italiano (uno dei più ricchi ed esosi del mondo),
una tassa che, più di ogni altra, risulta al contribuente indigesta e
ripugnante, perché non motivata o suffragata da nessun principio di
sussidiarietà o di equità sociale nella partecipazione del cittadino alla spesa
pubblica. Si tratta del canone RAI. Una tassa inventata di sana pianta
unicamente per il mantenimento di quel carrozzone circense senza contenuto
costituito dall’apparato burocratico spettacolare di Viale Mazzini. Tutti sanno
che non si entra in Rai per pubblico concorso (che sarebbe comunque truccato,
siamo nel paese dei campanelli) ma unicamente per raccomandazione politica.
Esiste quindi un criterio di spartizione o di lottizzazione delle quote
partitiche di partecipazione al leviatano della RAI cui concorrono tutti i
partiti politici, ognuno per la sua fetta e per i denari elargiti dal
finanziamento pubblico, sia per la scelta dei quadri dirigenziali, sia per i
cosiddetti “artisti” che si dovrebbero presentare e sottoporre al grande
pubblico. Ora, se il sistema fosse questo (e lo è), ma almeno funzionasse a livello
burocratico amministrativo e di offerta di intrattenimento e cultura, la cosa
potrebbe risultare perfino accettabile. Ma tutto questo non accade nella
realtà, anzi. L’offerta della RAI è quanto di più repellente e disgustoso si
possa immaginare, format clonati dall’estero, fiction di quart’ordine con
figuranti (altro che attori!) che recitano come in una filodrammatica, cultura
inesistente o relegate alle 23,45 della sera quando la maggior parte dei
cristiani si trova nel primo sonno, inseguimento di Mediaset nel cattivo gusto,
interruzioni pubblicitarie di poco inferiori alle concorrenti commerciali.
Volete un esempio per tutti? Bene, qualche giorno fa scompariva Mariangela
Melato, una delle più grandi attrici del panorama italiano. RAI3, per
commemorare la sua scomparsa ha mandato in onda in prima serata un fondo di
magazzino, un film che non è neppure possibile recensire, appartenente al trash
più vieto: “La polizia ringrazia” di Stefano Vanzina, regista buono a nulla e
capace di tutto, il cui protagonista non era neppure Mariangela Melato, ma
Enrico Maria Salerno. Fatemi capire: raccattate da qualche scantinato della RAI
un filmaccio inguardabile, e il protagonista è l’attore Salerno? Ma chi è
morto, Mariangela Melato o Enrico Maria Salerno? In un altro programma, sempre
della RAI, viene mandato in onda una sequenza tratta dalla “Medea” di Luca
Ronconi, con una Melato strepitosa. Questo sceneggiato, nel 1975, era trasmesso
in prima serata. Sembra impossibile, ma è così. Ricordo a tutti che la favola
che la televisione è “costretta” a seguire i gusti del pubblico, ad
assecondarli e di conseguenza offre quello che la gente vuole è semplicemente
una fandonia. La funzione educativa della TV non sfugge a nessuno, e la
possibilità di condizionare i gusti del pubblico è una realtà. Se la TV della
prima serata offrisse i capolavori della
letteratura sceneggiati ed interpretati da attori veri e non dalle attuali
comparse, i gusti del pubblico comincerebbero a modificarsi, sino ad ingenerare
quella salutare curiosità che ti fa acquistare il romanzo in libreria dal quale
è stato tratto lo sceneggiato cui hai appena assistito in TV. La verità è che
noi manteniamo con i nostri 113,50 euro
(che costituiscono un gettito di diversi miliardi) una pletora di inetti buoni a nulla, selezionati dalle segreterie di quelle consorterie massoniche che
sono i partiti politici, un personale impreparato e inadeguato privo di idee e
nullafacente. E’ curioso che gli strali di quel buffo personaggio che si chiama
Brunetta non si siano mai soffermati su questo recipiente senza contenuto,
proprio lui che ha dichiarato guerra alla nullafacenza? Sarà che lui stesso ha
sistemato qualcuno dei suoi accoliti in questo caravanserraglio della
sottocultura? Sempre su RAI3, per fare un altro esempio, dalle ore 20,10 alle
20,35 vanno in onda altri fondi di magazzino, brevi sketch di Pappagone. In
un’ora di massimo ascolto non hanno trovato di meglio che saccheggiare la
cassapanca della nonna. La conduttrice del pomeriggio RAI, l’ocagiuliva Mara
Venier non ha nulla da insegnare alla sua diretta concorrente, Barbara D’Urso,
che, a conti fatti, risulta di gran lunga migliore dell’iper raccomandata di
mamma RAI. Nella assoluta povertà di
idee si distingue solo parzialmente la 7, che però ha il buon gusto di fare
programmi di contenuto ed in economia e soprattutto di non richiedere alcun
canone ai suoi spettatori. Non parliamo poi dello spot pubblicitario che ci
spiega perchè paghiamo il canone Rai. Una voce fuori campo ci dice che il
canone si paga indipendentemente dall’uso che facciamo del nostro televisore,
ma semplicemente si tratta di una tassa sul possesso di un apparecchio
televisivo. E’ il colmo. Se io usassi il televisore come un acquario o
assistessi ai soli programmi di una qualunque paytv, dovrei ugualmente pagare il canone perche si tratta
di una tassa sul possesso di un bene. Ma allora perché non fare pagare il
canone anche sul personal computer, o sulla lavastoviglie, o sulla cuccia del
cane? Già, non ci abbiamo ancora pensato, ma che ne direste di un’IMU sulla
cuccia del cane o del gatto? Non sarebbe commisurata ai metri quadrati occupati
da cuccia o lettiera, ma potrebbe essere progressiva e proporzionale alla
taglia del cane o del gatto. Chiedo
scusa, non vorrei aver involontariamente fornito un’idea al Signor Befera circa
l’istituzione di una sorta di “IMU canina”. Voi sorriderete, ma in questo paese
grottesco, una simile imposta potrebbe essere presa sul serio. Dopo, però, non prendetevela
con il sottoscritto.