venerdì 8 ottobre 2010

DUE SU TRE (La verità sulle percentuali di guarigione dal cancro)

Come si possono conciliare i "brillanti risultati della terapie antitumorali" ed i "notevoli progressi compiuti dalla ricerca" con i dati che continuano ad indicare un aumento dei numeri di decessi per cancro? Dopo questo caleidoscopio di notizie, di dati, di ricerche, di scoperte, per poterci avviare ad una prima conclusione, dobbiamo prima di tutto esaminare la situazione REALE delle terapie per tumori.
Secondo l'oncologia ufficiale le possibilità di guarire oggi dal cancro sono almeno del 50 per cento, contro il 20 per cento del 1930. "Un tumore su due oggi è curabile", La Stampa TuttoScienze, 12-4-1995 (in realtà questo è solo un esempio, siffatte affermazioni potete trovarle su qualsiasi quotidiano, o sentirle al primo dibattito televisivo).
Il primo dato da chiarire è che, ufficialmente, viene considerato caso di cancro curato quello in cui il paziente sopravvive almeno cinque anni dalla prima diagnosi. Pensate: una persona si ammala di tumore, gli propinano tutte le cure e, attraverso lunghi periodi di sofferenze, muore cinque anni ed un giorno più tardi. Evviva! è stato un grande successo della medicina!
Il secondo dato, che dovrebbe saltare immediatamente agli occhi di chiunque, è che nel 1930 non esistevano tutti i sofisticati mezzi di diagnosi e le campagne di sensibilizzazione alla diagnosi precoce; pertanto il cancro veniva scoperto tardivamente e così il tempo fra la diagnosi e il decesso era breve, se non brevissimo. Oggi invece, proprio perché la diagnosi avviene in tempi molto più precoci, la morte arriva logicamente più tardi!
Vediamo ora come viene calcolato questo famoso 50%. Esaminiamo il caso del tumore al polmone, che rappresenta da solo circa il 25% delle morti di cancro. In Italia, su circa 40.000 casi l'anno, una mortalità del 50% entro i cinque anni dovrebbe significare circa 20.000 morti; nei fatti i decessi sono circa 36.000 (a meno che i ricercatori usino una matematica diversa da quella dei comuni mortali, la percentuale è del 90%).
"E quando una patologia ha una mortalità del 90% è evidente che la cura è inefficace. Si dice e si legge, in alcuni testi, che la chemio avrebbe un certo grado di efficacia in una delle due grandi classi in cui sono divisi i carcinomi polmonari, nel carcinoma a piccole cellule o microcitoma. L'altro, quello a non piccole cellule, è chiaramente non responsivo alla chemio o alla radio terapia.
Se si vanno a vedere gli studi controllati sull'efficacia della terapia medica nel carcinoma a piccole cellule, abbiamo una sopravvivenza del 9 per cento a due anni dalla diagnosi, che però diventa del 4 per cento a cinque anni." Il Giornale - Inchiesta sul cancro n° 9.
"Il 50 per cento di cui parlano gli oncologi non è effettivamente la metà del numero dei malati di tumore, come si è indotti a credere, ma la media delle varie percentuali di "guarigione" dei diversi tipi di cancro. Per capirci, si somma per esempio, l'87 per cento di guarigione del cancro del testicolo con il 10-12 per cento di quella del polmone e si fa la media delle percentuali di guarigione, non calcolando che i malati di carcinoma del testicolo, in Italia, per fortuna sono solo 2.000 l'anno, mentre le persone che si ammalano di tumore al polmone ogni anno sono attorno a 40.000!" Il Giornale - Inchiesta sul cancro n° 1.
Nella realtà ogni 100 persone che si ammalano di cancro, 61 sono destinate a morire entro 5 anni dalla diagnosi.
Vediamo altri metodi matematici per calcolare le percentuale di guarigione, così come sono riportate dal Comunicato Andromeda n. 51 /1998 intitolato L'ARMA CHIMICA. - Quello che non vi hanno mai raccontato della chemioterapia: gli effetti collaterali, il gioco di prestigio delle statistiche, il business.
Ogni dimissione ospedaliera risulta una guarigione "Se una persona viene dimessa dall'ospedale si dice che è in remissione. Quando ritorna viene curata e viene dimessa un'altra volta. Se ogni dimissione viene considerata come un dato positivo, i conti aumentano. E siccome non si può morire più di una volta, se un individuo è stato dimesso 9 volte ed è morto una volta sola si avrà un 90% di guarigione e il 10% di mortalità. La fortuna dei medici è che si muore una volta sola (da un'intervista a Di Bella, gennaio 1998, sullo speciale "Di Bella - La sua cura contro il cancro" in abbonamento con Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione).
Solo un periodo limitato di tempo è considerato ai fini della casistica: quello della chemioterapia.
I parametri sui quali viene costruita la casistica di sopravvivenza, sono costruiti in base all'efficacia dei farmaci. Per efficacia della chemioterapia si intende la riduzione o la scomparsa della massa neoplastica e la riduzione almeno del 50% delle metastasi eventualmente presenti.
Dopo sei cicli convenzionali di chemioterapia, che dura circa sei mesi, si può ottenere anche la scomparsa della massa neoplastica. Il paziente risulta così "guarito". Se a distanza di altri sei mesi compaiono metastasi, cioè se il tumore riesplode e in modo non controllabile, quella stessa persona figurerà come un nuovo paziente, perché "quello di prima" risulta guarito.
Le casistiche non seguono il paziente, ma restano nell'ospedale
Un altro esempio di come si costruisce la casistica è il seguente: un paziente viene dimesso dopo un ciclo di chemio da un ospedale e risulta guarito. A distanza di un anno si presentano delle metastasi: a questo punto, per le più svariate ragioni, non torna a farsi curare nello stesso ospedale, ma in un altro. Risulterà un nuovo caso. Quello precedente ha avuto esito favorevole: è guarito.
Alla luce di questi dati, che valore possono avere le statistiche che ci vengono propinate ogni volta che la "ricerca" batte cassa? Provate a chiedere le statistiche di sopravvivenza a dieci o quindici anni. Non le "mollano" così facilmente. Noi ci abbiamo provato. Le abbiamo chieste anche alla Prof.ssa Silvestrini, illustre ricercatrice all'Istituto Nazionale Tumori di Milano. Contattata per un'intervista, che ci ha rifiutato perché "non si fida dei giornalisti", ci ha negato la possibilità di vederle, dicendo che se si venisse a sapere che "ho dato queste statistiche ad un'associazione che cura con metodi naturali, mi caccerebbero dall'Istituto". Ma i dati sulla salute pubblica non dovrebbero essere pubblici, visto che oltretutto sono il risultato delle ricerche finanziate dai soldi pubblici?
La falsificazione non viene perpetrata solo sulle statistiche, ma anche sulla ricerca vera e propria. Nel 1926 il Prof. J. A. Grib Fibiger vinse il premio Nobel per aver scoperto il bacillo che provoca il cancro: la spinoptera carcinoma. In seguito si scoprì che era soltanto una colossale bufala! (La Mafia Sanitaria ed. ATRA/AG STG)
Quante scoperte o promesse di scoperte di oggi saranno le bufale di domani?
Il quotidiano torinese (La Stampa TuttoScienze, 4-12-1996, pag. 1) parla di "bugie in laboratorio" proprio in merito ad esperimenti su di un gene mutato e presente nel 15% dei casi di leucemia mieloide acuta. Ben cinque articoli "scientifici" a firma di Francis Collins (direttore del National Center for Human Genomic Research di Washington, e che gestisce 244 milioni di dollari della ricerca statunitense) hanno divulgato un clamoroso falso. Certo, si è trovato il colpevole (il capro espiatorio non poteva mancare!), un anonimo studentello che avrebbe manomesso le foto che accompagnavano gli articoli. Strano davvero, visto che il testo era corredato dalle foto e che il luminare avrebbe dovuto accorgersi per tempo della mancanza di correlazione fra quanto scritto e quanto appariva in foto. Ed era così semplice da scoprire quest'inganno, che è bastato un anonimo ricercatore di un giornale scientifico per sollevare un dubbio e scoprire la magagna!
La cosa grave è che da questi testi poi scaturiscono deduzioni, analisi, statistiche, ricerche e, dulcis in fundo, finanziamenti; e diventano la foglia di fico per tutti i medici che non hanno né la volontà, né la possibilità di provare la veridicità di quanto scritto, pur ben conoscendo la realtà di questo habitat scientifico.
Francesco Bottaccioli (membro dell’Accademia delle Scienze di New York, docente di Psico-oncologia alla facoltà “ La Sapienza ” di Roma): “Il 50% di cui parlano gli oncologi non è effettivamente la metà del numeri di malati di tumore, come si è indotti a credere, ma la media delle varie percentuali di guarigione dei diversi tipi di cancro. Per capirci, si somma, per esempio, l’87% di guarigione del cancro al testicolo con il 10-12% di quella del polmone e si fa la media delle percentuali di guarigione, non calcolando che i malati di carcinoma al testicolo sono solo 2000 l’anno, mentre le persone che si ammalano di tumore al polmone sono attorno alle 40.000 [1]
Effettivamente se vengono conteggiate le guarigioni di 100 persone, di cui l’87% di loro hanno avuto il cancro al testicolo e 12% al polmone, il totale della media aritmetica delle guarigioni fa saltare fuori magicamente il 50% (87+12=99, diviso 2 si ottiene circa 50, in percentuale assoluta).
Ma non è assolutamente così perché il tumore al polmone NON ha una guarigione del 50% ma bensì del 10-12% e colpisce venti volte di più rispetto a quello al testicolo!
Se al posto del tumore al testicolo si mette, e viene messo, il carcinoma capsulato della tiroide che ha una sopravvivenza del 90% il risultato non cambia: sempre 50% di sopravvivenza!
Ma non è tutto.

Spesso, sempre per errore di superficialità (?), gli oncologi includono nelle statistiche (già di per sé erronee, come è stato dimostrato) anche “neoformazioni che non sono affatto tumori, inquinandone ulteriormente l’affidabilità. Come per esempio accade per i polipi del colon-retto o per le formazioni displastiche del seno [2]
Quindi per gonfiare a proprio tornaconto i numeri, vengono da una parte inserire patologie che non c’entrano poco o nulla con il cancro, e dall’altra esclusi i malati che dopo il trattamento ufficiale muoiono per esempio entro i primi giorni di cura: “questi vengono etichettati come decessi prematuri”[3] e non conteggiati come elementi a sfavore.
E’ bene sapere anche che le terapie oncologiche usate nelle statistiche hanno una durata di 5 anni, quindi se una persona muore entro il 5° anno è un caso negativo, ma se il decesso avviene il 5° anno più un giorno, non viene conteggiato come caso negativo ma rientra come guarigione!

Inganno nell’inganno.

Avrete capito che si tratta di statistiche illusorie, per cui anche la percentuale di sopravvivenza, quel 35,2% saltato fuori prima, è ancora più basso nella realtà. Purtroppo.
Ma perché veicolano questi dati, e soprattutto perché lo fanno? Ignoranza, malafede, interessi economici, baronie e cattedre da conservare?
Ognuno tragga le proprie personali conclusioni, la cosa importante è comprendere che oggi come oggi il cancro è una malattia non curata con le metodologie della scienza ufficiale.

Sentite le parole di Paolo Vineis, esperto del Servizio di epidemiologia dei tumori presso l’Ospedale Maggiore e l’Università di Torino, “circa due terzi delle persone affette da tumore vanno incontro a un esito letale
 Due persone su tre, che seguono la prassi medica ortodossa, ha un esito letale!
E allora cosa fare? Nessuno ha la ricetta magica, tanto meno il sottoscritto, ma se questi sono i dati della medicina ufficiale – quelli veri - non è forse ora di cambiare strada?

Dati effettivi di sopravvivenza
TumoreSopravvivenza a 5 anni
Glomi maligni (cervello)< 10%
Distretto cervico facciale< 5%
Melanomi maligni<20%
Neoplasie maligne dell'orecchio e della mastoide  <25%
Polmone7,5%
Mesotelioma della pleura  0%
Carcinoma dell'esofago<10%
Carcinoma dello stomaco<13%
Neoplasie del piccolo intestino25%
Carcinoma del fegato0-2%
Carcinoma della colecisti<3%
Carcinoma del pancreas  2%.
Carcinoma mammario localmente avanzato 5%


LA CHEMIOTERAPIA
Qualsiasi forma di Chemio-Terapia causa un danno irreparabile alle condizioni fisiche di coloro che si espongono all’azione di questi veleni, chiamati ”farmaci cito-tossici”.
Lo stesso Giuramento d’Ippocrate fa espressamente divieto di somministrare “veleno” al paziente, anche se richiesto dall’ammalato stesso (vedi Giuramento d’Ippocrate).
Questi veleni (”Farmaci cito-tossici”), entrano nel circolo sanguigno tramite iniezione e/o fleboclisi endovenosa, oppure per assorbimento indiretto dallo stomaco o dalla mucosa intestinale.

Questo tipo di trattamento è diverso dalla Chirurgia o dalla Radio-Terapia, che concentrano i loro effetti su punti o aree specifici del corpo umano (terapie “mirate”).
Negli ospedali si fa ricorso alla Chemio-Terapia quando c’è la possibilità che le cellule tumorali possano essere presenti in altre zone dell’organismo oltre alla sede del tumore primario.
Ma raramente la Chemio-Terapia garantisce un periodo di sopravvivenza di almeno 5 anni, indicato impropriamente come ”periodo di cura”.
La Chemio-Terapia arresta temporaneamente l’anomala crescita cellulare, oppure può alleviare il dolore per qualche tempo, o allungare di poco il tempo di sopravvivenza.
Raramente si può parlare di” remissione”: dati bibliografici riferiscono percentuali di riuscita in meno dell1% in caso di cancro del pancreas, del 3% in caso di cancro al fegato, del 7% in caso di cancro dell’intestino…..

Esistono circa 60-70 farmaci citotossici in commercio in tutto il mondo.
Per l’Italia i nomi commerciali sono riportati in tabella 2a (elenco parziale):
Alcuni di questi veleni causano meno problemi di altri come: insonnia, spossatezza, diarrea, alopecia, stomatite, leucopenia, piastrinopenia, anemia, nausea, vomito…
Questi sono gli effetti collaterali immediati e conosciuti perchè visibilmente riscontrabili.
Ciò di cui raramente si parla sono gli effetti più gravi e più duraturi, le cui conseguenze deteriorano profondamente la vita del paziente e il decorso stesso della sua malattia, rendendo inutili persino le terapie basate sull’immuno-stimolazione dei linfociti Natural Killer, sull’attività apoptotica e detossificante di estratti di piante mediche.

Questi danni profondi e irreversibili, di cui raramente si discute, sono i seguenti:
grave riduzione, stabile e duratura, del numero di particolari tipi e sottotipi di globuli bianchi, indispensabili alla risposta immunitaria specifica contro il tumore.
2) mutazioni cellulari di tipo somatico, con comparsa di altri tumori secondari e/o metastasi
3) mutazioni cellulari di tipo germinale (testicoli oppure ovaie), con comparsa di sterilità, aborti o di bimbi malformati in quei casi di genitore sopravvissuto alla Chemio-Terapia e al Cancro.
4) accelerazione della crescita del tumore, anzichè una sua riduzione, con comparsa di resistenza crociata del tumore ad altri veleni (pompa glicoproteica di membrana).
La Chemio-Terapia è quindi controindicata in maniera assoluta in qualsiasi forma di associazione alla Immuno-Terapia.

La Chemio-Terapia è infatti gravemente depletoria soprattutto nei confronti dei linfociti, di cui è stata riconosciuta la buona capacità di identificazione e di distruzione di masse tumorali mediante Immuno-Terapia specifica anti-neoplastica .
Si può infatti affermare, secondo l'autore del presente lavoro, che saranno solo e soltanto le difese immunitarie del paziente stesso a risolvere la patologia neoplastica, portandolo così ad una completa guarigione dal Cancro.

La Chirurgia e la Radio-Terapia devono essere considerate soltanto come tecniche o metodiche d'appoggio capaci di eliminare una certa quota della massa tumorale primitiva e delle sue metastasi, fermo restando che nessuna di queste due componenti deve essere considerata causa di guarigione finale del paziente dal tumore: l'eventuale ed effettiva guarigione del paziente dal proprio tumore dipenderà solo e soltanto dalla capacità delle difese immunitarie di riconoscere e distruggere in maniera selettiva e radicale il tumore stesso L’Immuno-Terapia nega pertanto alla Chemio-Terapia qualsiasi valenza curativa e di guarigione nei confronti del tumore.
Si può pertanto affermare che è stato già dimostrato in letteratura medica il fallimento sostanziale della Chemio-Terapia per quasi tutte le forme tumorali la Chemio-Terapia riduce la massa tumorale, sia pure al gravissimo prezzo di arrecare danni estesi a tutti gli organi e ai tessuti del paziente, determinando: insufficienza midollare (con la conseguenza di infezioni e di caduta di difesa immunitaria contro il tumore stesso), insufficienza epatica e renale, possibile evoluzione in fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria, danni cardiaci e ai vasi ematici, leucemie e cancri secondari in percentuale variabile.

In ogni caso, la ripresa neoplastica avviene quasi sempre, spesso caratterizzata da resistenza crociata delle cellule tumorali ad altri farmaci chemio-terapici, in cicli di Chemio-Terapia successiva di seconda o terza linea, fino ad essere definita alla fine, in termini del tutto inappropriati, "Chemio-Terapia di salvataggio": in realtà una Chemio-Terapia finale e distruttiva, eseguita con farmaci chemioterapici di vario tipo, che non riescono mai a salvare il paziente, né tanto meno a condurlo a guarigione effettiva…."
Il prof. Hardin Jones, dell’Università della California, dimostra per la prima volta, in uno studio su ampia scala durato 23 anni, che per gli ammalati di Cancro che si sono rifiutati di sottoporsi a Chirurgia, Radio-Terapia, e Chemio-Terapia, (comunque con alimentazione libera, senza diete particolari), la sopravvivenza media è di 3-4 volte più alta , rispetto a quelli che si sono sottoposti a trattamenti medici standard (Chirurgia, Radio-Terapia e Chemio-Terapia).

Tale constatazione è stata confermata, da allora, più volte nella letteratura medica, ad esempio per cancro della mammella (1067) [The natural history of breast carcinoma in the elderly: implications for screening and treatment, Cancer 2004; 100(9), pp.:1807-1813] dove in assenza di terapie mediche ufficiali la sopravvivenza media di donne affette da tumore al seno è di 12 anni e mezzo, mentre quelle che si sono sottoposte a trattamenti medici standard (Chirurgia, Radio-Terapia e Chemio-Terapia), sono morte in media entro 3 anni.
A fronte di tutto ciò, studi multicentrici di sperimentazioni cliniche su donne affette da cancro al seno, pubblicati nel 2003-2004, in merito agli esiti di combinazioni varie di Chemio-Terapie, riportano esiti totalmente inconcludenti: ad esempio con tempo libero di malattia di circa 5 mesi, e mediana di sopravvivenza di 15 mesi (1068)[Multicentre, phase II study evaluating capecitabine monotherapy in patients with anthracycline and taxane-pretreated metastatic breast cancer, Eur. J.Cancer, 2004; 40(4), PP:536-542], oppure nella cosiddetta “chemio di salvataggio”, con mediane di sopravvivenza libera di soli 8 mesi, con tempo medio di risposta di 4 mesi, e una progressione di malattia entro 5 mesi (1069)[Full dose paclitaxel plus vinorelbine as salvage chemotherapy anthracycline-resistant advanced breast cancer: a phase II study, J.Chemother. 2003,15(6),pp.:607-612], oppure con tempi di sopravvivenza libera da progressione di malattia di 3 anni con mediana di sopravvivenza di circa 1 anno (1070)[Phase II study of docetaxel in combination with epirubicin an protracted venous infusion 5-fluorouracil (ETF) in patients with recurrent or metastatic breast cancer.

A Yorkshire breast cancer research group study, Br.J.Cancer, 2004, 90(11),pp.:2131-2134], oppure con mediana di sopravvivenza di 2 anni (1071)[Capecitabine plus paclitaxel as front-line combination therapy for metastatic breast cancer: a multicenter phase II study, J.Clin.Oncol.2004,22(12),pp: 2321-2327], oppure con sopravvivenza libera da progressione di malattia di 8-10 mesi, con mediana di sopravvivenza di 18-19 mesi (1072)[Phase III study of intravenous vinorelbine in combination with epirubicin versus epirubicin alone in patients with advanced breast cancer: a Scandinavian Breast Group Trial, J.Clin.Oncol.2004, 22(12),pp.:2313-2320]. Infine, l’impiego “compassionevole” della Chemio-Terapia somministrata per bocca: “…An open-label, non randomized, compassionate-use study was carried…”(1073)[Oral capecitabine in anthracycline and taxane-pretreated advanced/metastatic breast cancer, Acta Oncol.,2004,43(2), pp.:186-189].

Ancora, nel 1990, il prof. Ulrich Abel, dell'’Università di Heidelberg affermava:”…sebbene i farmaci chemioterapici portino ad una “risposta”, cioè ad una diminuzione di massa del tumore, questa riduzione non produce un prolungamento della sopravvivenza del paziente; anzi, il cancro ritorna più aggressivo di prima, poiché la Chemio favorisce la crescita di ceppi tumorali resistenti. Inoltre la Chemio danneggia gravemente le difese dell’organismo, tra cui il sistema immunitario, spesso i reni e il fegato….”
Secondo i dati presentati dal dott. Abel, i pazienti trattati con Chemio-Terapia hanno risultati significativamente minori, in termini di sopravvivenza, rispetto a pazienti trattati con la medicina convenzionale, raggruppati e confrontati per tipo e stadio di tumore.
Abel afferma:“…Un’analisi bilanciata e imparziale della letteratura medica mostra un indice di successi terapeutici quasi nullo nei trattamenti impiegati convenzionalmente per la cura delle forme avanzate dei tumori solidi”…(Chemothrapy of advanced epithelial cancer: a critical survey. HippokratesVerlag, Stuttgart, 1990; Healing Journal, No.1-2, Vol.7, 1990)

Nel 1991, l’oncologo Albert Braverman scrive: “…nessun tipo di tumore solido che era considerato incurabile nel 1975 è curabile oggi. Molti oncologi raccomandano la Chemioterapia per praticamente qualsiasi forma di tumore, con aspettative che il sistematico fallimento non scoraggia…”
Quando la Chemio-Terapia è utile.
La Chemio-Terapia è utile soltanto nel 1,5% (uno virgola cinque per cento) dei casi secondo una commissione OMS del 1980.
Secondo una rassegna di 1.500 pubblicazioni scientifiche effettuate dal prof. Jones dell’Università della California, tale percentuale di successo sale al 2%.
Molto più ottimista l’Istituto Gerson, che giunge a stimare una percentuale di successo (sopravvissuti a cinque anni dalla diagnosi) addirittura del 15%, con un fallimento sostanziale però dell’85% dei casi, fallimento che sale al 93% nel caso dei tumori dell’intestino, al 97% nel caso di tumore al fegato, al 99% di fallimento se tumore al pancreas (749) [Gerson C.: La Terapia Gerson. Macroedizioni,2002].
Validità dubbia delle statistiche ufficiali
Le statistiche ufficiali di riuscita del successo terapeutico delle terapie standard attuali non hanno alcun fondamento.

Nel 1985, il prof. John Cairns dell’università di Havard pubblica una critica devastante su Scientific American:“…a parte rari tipi di leucemia, non è possibile rilevare alcun significativo cambiamento dell’incidenza di morti per cancro a seguito dell’uso su ampia scala della Chemio-Terapia. Non ci sono evidenze scientifiche che la Chemio-Terapia possa curare i vari tipi di cancro che oggi affliggono la società…”.
Nel 1987, 42 parlamentari del Congresso USA chiedono che si faccia chiarezza sulle terapie alternative che potrebbero essere usate per la cura del Cancro. Tra le altre cose, viene fatto notare che neanche la Chirurgia è approvata come trattamento per il Cancro, poiché neanche uno studio con il tradizionale gruppo di controllo è stato mai effettuato per valutarne i risultati a lungo termine. Neanche la Chemio-Terapia è approvata, ma è solo in fase sperimentale e dura ormai da 50 anni.

In sostanza:
Buona “Incidenza di Risposta” vuol dire solo che il tumore si è soltanto ridotto di volume, ma non vuol dire che è stato debellato.
“Risposta”: vuol dire: diminuzione del volume della massa tumorale nota.
“Incidenza di Risposta”: percentuale di pazienti in cui si osserva, nei mesi successivi alla Chemio-Terapia, una diminuzione della massa tumorale nota.
“Durata di Risposta”: vuol dire quanto tempo dura tale riduzione di massa tumorale.
“Risposta completa” massa tumorale non più rilevabile alle indagini diagnostiche.
“Risposta parziale”: riduzione della massa tumorale del 50%
Gli studi ECRI (Emergency Care Research Institute) affermano che l’”Incidenza di Risposta”, cioè la riduzione di massa tumorale a seguito della Chemio-Terapia, non si correla affatto con il “Prolungamento della sopravvivenza della vita del paziente”.
“Remissione” non significa affatto “sopravvivere più a lungo”.
La letteratura medica inerente alla Chemio-Terapia non usa mai termini quali:
“guarigione” e “qualità della vita”.

Viceversa, nella letteratura medica su Chemioterapia Intensiva e Trapianto di Midollo Osseo per casi di cancro con metastasi, le statistiche pubblicate fanno spesso apparire i risultati come migliori di quanto lo siano in realtà.
Ad esempio, vengono esclusi dalle statistiche quei pazienti che muoiono a causa delle infezioni subentrate subito dopo il trapianto di midollo osseo, non attecchito, con fallimento quindi del trapianto.
Questi pazienti vengono definiti dai ricercatori con il termine di “decessi prematuri”.
Ad esempio, l’incidenza di decessi prematuri nelle donne con metastasi alla mammella è stata riportata in 31 studi pubblicati dal 1984 al 1994. La media era del 10% negli studi fatti dal 1992 al 1994.Viceversa sale al 17% considerando solo gli studi del 1994.
In altri casi, i pazienti morti per un’infezione non risultano morti per il cancro, e compaiono invece nel numero dei pazienti “guariti”.

Costo economico della Chemio-Terapia

Si ritiene che la Chemio-Terapia costi allo stato italiano circa 30 miliardi di Euro l’anno.
[L’immensa Balla della Ricerca sul Cancro, Lorenzo Acerra, Macroedizioni,2000, cap.8.5: La legge è con i “Di Bella”]
Carcinoma del pancreas:
Il tempo medio di sopravvivenza è di 3 mesi, in pazienti sottoposti a Chemio-Terapia, mentre nei pazienti di controllo (comunque con alimentazione libera, senza diete particolari), non sottoposti a Chemio, il tempo medio di sopravvivenza è di circa 4 mesi (118) [Frey C., Cancer, vol. 47, pp. 27-31, 1981]. Mediante Chemio-Terapia si raggiunsero percentuali di risposta (riduzione della massa tumorale) di oltre il 30% (38,285,321,401) [Scheithauer W.: Tumor Diagnostik and Therapie, vol. 5, pp. 44-48, 1984; O’Connel: Seminars in Oncol., vol. 3, pp. 1032-1039, 1985;Meyer: Tumor Diagnostic and Therapie, vol. 8, pp. 54-58, 1987;Brennan: .in:DeVita "Cancro, principi e pratica dell'oncologia", Lippincott and Co, Philadelphia, 4 a. edizione, pp. 849-882, 1993], ma il tempo di sopravvivenza, rispetto a pazienti NON trattati con Chemio (comunque con alimentazione libera, senza diete particolari), non cambia.
Conclusione

Paul Wintre mostra una visione più cruda dei fatti e spiega così la dinamica del sistema: “E’ improbabile che qualche medico interrompa consapevolmente una terapia oncologica per proteggere i suoi affari o la sua carriera. Ma ogni medico ha le sue idee in merito al miglior trattamento, sulla base di quanto ha appreso. Tuttavia, le Multinazionali Chemio-farmaceutiche hanno un’influenza estremamente marcata su quanto viene insegnato ai medici. I medici hanno troppo da fare per approfondire le statistiche sui trattamenti del cancro, e danno per scontato che ciò che viene loro insegnato all’Università, o ciò che viene dimostrato nelle pagine delle riviste di aggiornamento, sia il miglior trattamento possibile, poiché scientificamente dimostrato. Né possono permettersi il sospetto che tali trattamenti rappresentino la cosa migliore solo per le Multinazionali Chemio-farmaceutiche, che esercitano la loro influenza sulle istituzioni culturali mediche di livello elevato, a loro appartenenti …”
(Tratto da: Winter Paul: the cacell Home page, http://www.best.com/handpen/Cancell/cancell.htm ).

Ottobre 2010           Il testo è tratto da diverse fonti reperibili su Internet e arrangiato da Roberto Tacchino