martedì 13 settembre 2016

LE GANG DEI LATINOS. UN FELICE ESEMPIO DI SOCIETA’ MULTICULTURALE



Aggressioni a privati cittadini italiani e non, furti, spaccio di stupefacenti “pesanti” e “leggeri”, spedizioni punitive a colpi di machete a gruppi rivali.
Questo e tanto altro nel curriculum di gang criminali latino-americane, o pandillas, come si chiamano in spagnolo.
Gruppi come i Latin King, la Mara Salvaturcha, o MS-13, Barrio 18, i Trinitarios, tutte bande provenienti da Paesi tipo Ecuador, Perù, Porto Rico e Repubblica Dominicana.
DIVERSI CASI DI CRONACA. I numerosi casi di cronaca nera - come la nota aggressione a un capotreno a Milano, che nel giugno del 2015 ha rischiato di perdere un braccio dopo essere stato ferito da due salvadoregni a colpi di machete, o numerose perquisizioni, sequestro d'armi da fuoco e da taglio l'arresto di giovanissimi affiliati a tali gang, come i 14 appartenenti alla Barrio 18 fermati nel settembre del 2015 tra Milano, Varese, Como e Belluno - hanno messo alla luce questo fenomeno, che con la forte presenza di comunità latino-americane pare essere radicato.
IL RE CON I SUOI SOLDATI. Strutturati in maniera fortemente gerarchica - ai cui vertici sta il “Re”, figura quasi onnipotente da cui discendono tutte le decisioni -, fra le principali gang criminali che si stanno diffondendo nel nostro Paese spiccano i Latin King, radicati tra New York e Chicago che, percependosi come un gruppo di soldati - così è definita la “base” -, è l'organizzazione che più ricalca il modello mafioso rispetto a molte altre gang di strada.
La loro storia non è recente: nascevano negli Anni 40 a Chicago per aiutare i latino-americani immigrati negli States dalle angherie dei bianchi in cambio di “qualcosa”.
Queste, un po' come Cosa nostra delle origini dipinta nel Padrino II da Francis Ford Coppola, le origini delle famigerate gang latine.
INASPRIMENTO NEGLI ANNI 80-90. Altre gang - come la MS-13 e i Barrio 18 (dall’inglese 18th street gang), hanno una struttura simile, ma nascono molto più recentemente, negli Anni 80, nelle strade malfamate di Los Angeles, nell'assolata California.
È lì - come per i Bloods e i Crips, note gang afro-americane - che le due bande hanno iniziato a sfidarsi ed è da lì, quando negli Anni 90 il governo ha iniziato ad aumentare le espulsioni di criminali, che le gang nate nelle metropoli statunitensi si sono poi radicate in Sudamerica, spiega Roberto Valencia a Internazionale, senza dimenticare i vari Comando, Neta e Trebol.
L'iniziazione: 4 minuti di pestaggio per il nuovo arrivato
Per far parte di una pandilla bisogna essere “iniziati”.
Se si è uomini, il rito consiste nel superamento dei “3.60”, i 4 minuti in cui due o anche quattro componenti della banda devono picchiare il nuovo arrivato.
Ma dato che le gang sono composte da maschi e femmine, se il “candidato” è uomo, sarà picchiato dagli affiliati dello stesso sesso, se invece è donna, dalle componenti donne, anche se a volte la cosa degenera in uno stupro di gruppo.
A volte, però, il rito può consistere nel mettere alla prova il candidato facendogli uccidere uno sconosciuto.
TATTOO DI RICONOSCIMENTO. L'affiliato si riconosce dai tatuaggi col logo della gang o con altri simboli. Nella MS-13 si tatuano addirittura sul labbro.
Non è un fenomeno elitario: l'Fbi spiega che delle varie gang la più pericolosa è senz'altro la MS-13, con oltre 50 mila adepti nel Centro America, 10 mila negli Usa e più di 100 mila in tutto il mondo.
È perciò un dato da non sottovalutare, se si tiene conto che in Italia la comunità latino-americana è piuttosto consistente - circa il 7,7% della popolazione straniera - spiega la Fondazione Moressa.
I latini sono 354.186, il 62,7% dei quali donne e 66 mila minori in età scolare, dove prevale la nazionalità peruviana (98.603 individui) seguita da quella ecuadoregna e da quella brasiliana.
A MILANO 2.500 AFFILIATI. A Milano, dove il fenomeno è radicatissimo - la città lombarda è la “capitale” europea - si contano 2 mila-2.500 affiliati, seguite da Roma e Perugia.
Il caso genovese è interessante: nel 2009, su circa 48 mila (dati Istat) o 56 mila immigrati (dati Caritas/Migrantes), il 44% del totale era costituito da ecuadoriani, un dato percentuale che non ha pari nelle altre province d’Italia, neppure paragonabile ai i cinesi a Prato, cioè 25-30 mila unità: pari a quelli di tutta la Lombardia, la prima regione in Italia, secondo Caritas Ambrosiana, per numero di immigrati iscritti all’anagrafe.
A GENOVA 17 BANDE. Il 9,2% sono studenti delle superiori. L'unico dato che si ha del numero degli affiliati alle pandillas genovesi è del maggio del 2006, quando un'operazione del commissariato di Prè diventata tesi di studio giudiziario certificò il numero di 435 affiliati e 17 bande.
La violenza come mezzo di affermazione e comunicazione
È da questa popolazione, cavalcando spesso le condizioni disagiate in cui si trovano gli immigrati, che si nutrono le varie pandillas: «Le organizzazioni [criminali] di strada», spiega Massimo Cannarella, ricercatore del progetto Transnational Reserch on European Second Generation Youth del dipartiemnto di Scienze antropologiche dell'Università di Genova, «sono un insieme di persone che si uniscono per resistere a un contesto ostile; diventano uno strumento per resistere, migliorare la propria vita, rinforzare il proprio benessere rispetto a una situazione deprivante».
E, inutile nasconderlo, «questi gruppi utilizzano anche la violenza. La usano come mezzo di affermazione e di comunicazione ed è l'aspetto più evidente della loro esistenza».
SOFFRONO PER L'ABBANDONO. Giovani che soffrono del cosiddetto “triplice abbandono” da parte della loro madre emigrata per prima in Europa o Italia, da parte dei familiari in patria che li hanno allevati e, dopo il ricongiungimento, ancora dalla madre, che dovendo lavorare non può badare al figlio, spiega Gabriela Sbriglio, psicologa di Terre di Mezzo argentina, che opera a Milano.
A questo va aggiunto lo sradicamento, che porta tali giovani a trasformare la pandilla nella Naciòn, la “Nazione”, una comunità ideale a cui aggregarsi per ritrovare sé stessi.
Se aggiungiamo l'immaginario collettivo che trapela da Mtv con il suo ‘hip hop’, coi i gangster rap con la collana d’oro, l’anellone, le ragazze seminude che ballano intorno al rapper di successo, capiamo come si sviluppa l'idea della gang latina.
STRAPPATI CON L'INGANNO. Intervistato dal bimestrale di cultura Paginauno, Cannarella, parlando della situazione di Genova, ha riferito che spesso quella dei giovani latinos non è un ricongiungimento volontario: «In Ecuador vivevano una situazione contraddittoria. Visti male in quanto figli di donna immigrata, ma nel contempo anche privilegiati, per i soldi delle rimesse. Quindi i ragazzi vengono essenzialmente strappati, anche controvoglia, da una situazione che tutto sommato, per un giovane, rappresenta un ambiente familiare, consolidato, conosciuto e caldo. Spesso sono portati qua con l’inganno».
BIGLIETTO DI SOLA ANDATA. Si dice loro: «Vieni a fare le ferie ad agosto a Genova, vieni a trovare la mamita», ma il biglietto è di sola andata, e lo scoprono qui, quando imparano che non c’è più il biglietto di ritorno.
Altre volte lo sanno, ma non è detto che siano consenzienti». Credendo di trovare l'America e la sua opulenza, ma di fronte alle reali condizioni italiane scatta il trauma, provocando difficoltà di inserimenti, emarginazione e l'eventuale cooptazione in una pandilla.
Ma Barcellona è riuscita a porre fine agli scontri e ai traffici illeciti
Ma non sempre le gang rimangono relegate alla criminalità.
Nel 2006, in Spagna, si tenne il Convegno di Barcellona, dove l'Amministrazione catalana riconobbe gang come i Latin King e Netas come associazioni e organizzazioni di strada, sancendo così la pace e la fine degli scontri e dei traffici illeciti.
L'esperienza, narrata nel libro Hermanitos. Vita e politica di strada fra i giovani latinos in Italia, è significativa, dato che a Barcellona c'erano diversi osservatori italiani, come il dottor Cannarella, che faranno di tutto per applicarla all'Italia.
FORTI CONTENUTI SOCIALI. Per diversi anni infatti tre gang, i Latin Kings, i Netas e i Masters of the Street, hanno organizzato manifestazioni e iniziative dai forti contenuti sociali, quasi a recuperare il ricordo della missione originaria di tali gruppi, cioè il mutuo soccorso, specie in una fase di crisi economico-sociale.
Diversi giovani, proprio sul modello del caso catalano, sono arrivati a fare volontariato.
Purtroppo l'esperienza non ha avuto la giusta copertura mediatica e il necessario patrocinio politico: le gang latine, infatti, per gli episodi di cronaca noti incutono timore e la cosa, non essendo politicamente spendibile, è stata accantonata.
MEDIATORI CULTURALI. «Dopo il primo anno», spiega uno degli ideatori, «il progetto si è sostenuto con il volontariato di tutti quelli che si sono trovati dentro, e siamo stati tanti. Con più sostegno l'iniziativa poteva definitivamente evolvere. Si sarebbe potuto prendere alcuni di questi ragazzi e renderli dei mediatori culturali giovanili, tra pari, gente che conosce la vita delle persone con cui deve avere a che fare, e quindi in grado di dare degli input».
Ma non essendoci stata la volontà politica, né di farlo né di trovare le risorse economiche per farlo, ci si è limitati a reprimere, e non a investire sull'integrazione per poi prevenire i disagi che facilitano il crimine.