venerdì 2 ottobre 2015

RITRATTO FEDELE DI UN PESCECANE ARRICCHITO



Questa settimana è stata diffusa la notizia di come l'Ad della Turing Pharmaceutical, Martin Shkreli abbia fatto impennare il prezzo di una pillola che era già sul mercato da decenni ed è in grado di curare la toxoplasmosi -- una malattia molto seria -- da 13,50 a 750 dollari. Mi sono sentita scandalizzata, esattamente come la stragrande maggioranza degli americani. Ma poi sono stata travolta da un'ondata di nausea non appena mi sono messa a leggere di più sul conto di questo ex manager degli hedge fund trasformatosi in un capitalista di ventura del settore biotecnologico. Nella sua biografia, segnata da un'insaziabile fame di denaro e da losche pratiche imprenditoriali, mi è saltato agli occhi un fatto che ha per me un significato personale. Nel 2011 il signor Shkreli ha fondato l'azienda del ramo biotecnologico Retrophin, con l'obiettivo di concentrarsi sui farmaci per le malattie rare.
Ho perso mia figlia a due anni per colpa di una malattia rara e tutt'ora incurabile. Buffo come il ricordo di una paura in grado di ottenebrarti la mente, e di quella disperazione da topo-in-trappola, se ne resti lì, annidato immediatamente al di sotto della superficie lungo la vita di una madre, dopo la perdita di un figlio. Il ricordo dell'impotenza nel salvare mia figlia non è un mero esercizio mentale. È una sensazione molto più concreta e cruda che mi trovo a rivivere nei momenti più imprevedibili della mia esistenza. Ed è per questo che, essendomi in quel momento immaginata che un giorno un uomo come il signor Shkreli potrebbe ritrovarsi fra le mani l'unica speranza di sopravvivenza di un bambino di due anni malato terminale, mi sono sentita male, letteralmente.
Denigrare quest'uomo è facile. La sua scelta di ottenere un ritorno del 5.000 per cento su di un vecchio prodotto farmaceutico era, ovviamente, avidità pura e senza filtro. Solo l'individuo più ingenuo, o qualcuno che sia totalmente assorbito dall'ideologia del libero mercato, a spese del genere umano, potrebbe dichiararsi convinto da quelle sue flebili giustificazioni.
Perfino il sindacato di settore PhRMA ha voluto prendere le distanze dalle sue azioni, diffondendo un comunicato, e anche altri professionisti del ramo come John Maraganorore, Ad dell'azienda di biotecnologia Alnylam Pharmaceuticals, l'hanno criticato pesantemente.
E tuttavia le azioni di quest'uomo pongono gli americani di fronte a un esempio accademico che dovrebbe riuscire a stimolare un'autoanalisi collettiva. Questa vicenda ci ha offerto l'opportunità di ripensare a quei principi in base ai quali la nostra società funziona, permettendo a un uomo come il signor Shkreli di fare ciò che fa.
Ci offre la possibilità di chiedere a noi stessi se la cornice liberista all'interno della quale il valore di un prodotto viene determinato dal "quanto la gente è disposta a pagare" dovrebbe continuare a rappresentare un fattore determinante nello sviluppo di un farmaco, e nel suo costo. Il prezzo che una persona è disposta a pagare per un prodotto è un qualcosa che va benissimo per il tennis, le scarpe e le automobili sportive, cose così.
In fondo, alla fine della giornata posso fare tranquillamente a meno di una nuova borsetta. Ma non posso fare a meno della vita di mia figlia. Diamine, ho persino cercato d'intavolare una trattativa con Dio. Ho detto che Gli avrei ceduto dai dieci ai quindici anni della mia vita, se solo Lui avesse voluto risparmiare mia figlia. Se solo Lui avesse accettato la mia offerta, io so che sarei stata ben lieta di pagare per la sua sopravvivenza con la durata della mia. E quindi, quando "il prezzo che la gente è disposta a pagare per una medicina" costituisce un fattore determinante di quanto un'azienda è libera di far pagare a una donna nelle mie condizioni, come possiamo razionalmente pensare che questo non si presterà ad un qualche sfruttamento?
So bene che la ricerca è qualcosa di costoso. So anche che le aziende del settore biotecnologico e farmaceutico corrono grandi rischi, investendo milioni di dollari in prodotti che alla fine potrebbero risultare inefficaci, e dunque rappresentare una perdita per la compagnia. Quando si stabilisce il prezzo di una medicina, ovviamente, tutto ciò va preso in considerazione. Ma sono altresì consapevole del fatto che l'industria farmaceutica è terribilmente redditizia, e il processo attraverso il quale si attribuisce il prezzo a un farmaco risulta tutt'altro che trasparente agli occhi dell'opinione pubblica. Benché la questione dello sviluppo, della ricerca e dell'attribuzione del prezzo di un farmaco per rifletterne i costi è obiettivamente complessa, ad abbattermi resta un fatto molto semplice. Grazie a malattie come quella che ha ucciso mia figlia è possibile arricchirsi parecchio.
Credetemi, non sto in alcun modo asserendo di avere titolo nel sostenere determinate politiche in grado di tener conto al contempo della tutela del malato e del morente, e del sostegno allo sviluppo di farmaci innovativi. Ciò che sostengo va più in profondità, fino alle fondamenta sulle quali delle politiche sane devono essere costruite.
Ciò che chiedo è un cambiamento dei valori americani per quanto riguarda la medicina e le cure mediche. Mi batto per un valore sociale di fondo in base al quale la sofferenza, le malattie e la vicinanza alla morte non debbano rappresentare uno spazio all'interno del quale le aziende e gli individui possano ammassare enormi fortune. Se la volontà del popolo degli Stati Uniti fosse improntata a questo valore, non ho dubbi che riusciremmo a produrre politiche sane in grado di rifletterlo, e allo stesso tempo spingerci a trovare delle cure.
Vedete, il cuore della questione è che di persone come Martin Shkreli ce ne saranno sempre. Persone talmente scaltre e talmente senza scrupoli da sapere che il vero "valore di mercato" della disperazione per una famiglia con un figlio che sta morendo è qualunque prezzo voglia la loro avidità.