giovedì 1 ottobre 2015

LA DISOCCUPAZIONE E' IN CALO GRAZIE AI PRECARI



La disoccupazione è calata all'11,9% e Matteo Renzi ha sottolineato il ruolo del '#Jobsact', grazie al quale '#italiariparte' ed è '#lavoltabuona'.
Ma nel florilegio di tweet che ormai contraddistinguono la comunicazione di Palazzo Chigi, il premier si è dimenticato di ringraziare la riforma che davvero ha permesso al Paese di invertire la china del lavoro: quella dei contratti a tempo determinato firmata dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha eliminato da questo strumento le restrizioni imposte da Elsa Fornero in nome della lotta al precariato, permettendo anche di riattivarli per sei volte sullo stesso luogo di lavoro.
FASE DI PRECARIZZAZIONE. Che siamo in una fase di precarizzazione lo ha fatto intendere senza giri di parole anche il cardinale Angelo Bagnasco.
Il presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), guardando gli ultimi numeri diffusi dall'Istat, è sbottato: «Sono dati contraddittori, non restituiscono fiducia».
IN UN ANNO +325 MILA POSTI. È da qui che bisogna partire per capire meglio i dati forniti dall'Istat, che in maniera molto brutale ci dicono che tra agosto del 2014 e quello 2015 sono stati creati 325 mila posti di lavoro (+1,5%), dei quali 69 soltanto lo scorso mese.
E rispettando in pieno lo spirito del Jobs act nella tendenza si registra una crescita dei dipendenti subordinati, con 70 mila unità in totale.
Istat. In un anno più 325mila posti di lavoro. Effetto #Jobsact #italiariparte #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 30 Settembre 2015
Ma i rapporti di lavoro sono temporanei e precari
Ma se il nuovo pacchetto lavoro punta a incentivare il contratto a tempo indeterminato, le aziende invece preferiscono rapporti temporanei e precari: infatti dei 70 mila nuovi contratti 45 mila seguono il modello Poletti e sono a tempo determinato.
SOLO STABILIZZAZIONI? Guardando poi ai posti fissi, come già in passato l'Istat non chiarisce se siamo di fronte a nuovi lavori oppure a stabilizzazioni, accentuate anche dal fatto che a pieno regime il Jobs act garantisce sgravi fiscali e contributivi per un triennio pari a 8.600 euro.
MA I GIOVANI SONO A CASA. Ma smentiscono la prima tendenza sia il fatto che - parallelamente - crescano la disoccupazione giovanile di tre decimali (ormai a un livello 'greco' con il suo 40,7%) e il tasso di inattività (+0,1%): peggiora la situazione per chi è in cerca del primo lavoro e più in generale sale la fascia di disagio, non lenita dalla fase di stabilizzazioni in atto.
AZIENDE NON ANCORA CONVINTE. Le aziende - nonostante i tanti fondi garantiti dal governo attraverso il Jobs act - non sembrano ancora convinte che la congiuntura sia tale da poter fare assunzioni di massa.
Un'indagine di Confindustria ha fatto sapere che soltanto due imprese su cinque (il 39% del totale) ha approfittato del Jobs act.
Di queste soltanto il 17,9% ha detto di avere effettuato nuove assunzioni, mentre il 44,1% «ha trasformato contratti in rapporti a tempo indeterminato».
Le imprese chiedono che i fondi siano usati per tagliare il cuneo fiscale
Per tutto questo il mondo delle imprese, forte anche del monito lanciato dall'Unione europea all'Italia, chiede che i fondi legati all'incentivazione di nuovi contratti a tutele crescenti finiscano per essere usati più genericamente per tagliare il cuneo fiscale.
Che nel nostro Paese è oltre quattro punti la media europea.
RENZI NON LA PENSA COSÌ. Ma Renzi è di diversa idea. Perché, come ha spiegato in parlamento, il Jobs act ha contribuito a portare il Paese fuori dalle sabbie mobili.
Se le parti - la politica che stabilisce gli sgravi e l'impresa che fisicamente assume - non si mettono d'accordo, difficilmente la situazione può registrare un'inversione di tendenza.
RECUPERATO IL 40,4% DELLA PERDITA. Non a caso Confcommercio ha richiamato tutti gli attori in campo a maggiore cautela e fatto presente che, «considerando i mesi di massimo e minimo del numero di occupati, cioè aprile 2008 e settembre 2013, periodo nel quale sono stati persi un milione e 68 mila occupati, oggi il recupero è pari a 432 mila unità, il 40,4% della perdita complessiva, fenomeno che consentirebbe di superare i 23 milioni di occupati tra meno di 3 anni».