Lo scorso weekend ascoltavo con grande interesse in un
ristorante maltese il vociferare di un gruppo di italiani in vacanza che disquisivano
sulle riforme necessarie della politica italiana e sui mali endogeni di
casa nostra. Gran parte del conviviale era incentrato sul paradossale
mantenimento delle province e sul senso di esistenza ed utilità del Senato.
Inutile sottolineare le bestemmie e il turpiloquio dei nostri connazionali su
questo o quel partito, su questo o quel leader: ognuno di loro difendeva
giustamente il proprio credo politico. Quello che invece mi ha suscitato
riflessione è stata la povera o quasi inesistente conoscenza della nostra
Costituzione da parte del pittoresco siparietto italiano. Non mi voglio
proclamare profondo conoscitore delle tematiche costituzionali, ma qualche
lineamento di diritto costituzionale l'ho dovuto studiare durante il mio
percorso di formazione universitaria. Abolire le tanto denigrate province o
ridimensionare il ruolo del Senato o meglio ancora abolirlo definitivamente
rappresentano alcune delle gettonate aspettative dell'opinione pubblica
italiana.
Tuttavia queste aspettative si devono scontrare con
una spiacevole constatazione ovvero che la Costituzione italiana è
talmente inviolabile e blindata su se stessa da far invidia ad un caveau di
una banca svizzera. Abolire le province presuppone una riforma costituzionale,
per il Senato non ne parliamo in quanto verrebbe addirittura compromesso
l'originario assetto istituzionale dei padri costituenti. Recentemente il
comico Roberto Benigni durante un suo spettacolo di intrattenimento televisivo
ha definito la Costituzione Italiana come la più bella del mondo.
Originariamente in latino il termine “bello/a” significava “carino/a o grazioso/a”,
ma non tanto per la valenza estetica quanto per una connotazione di proporzione
appropriata nella disposizione delle parti. La nostra Costituzione da questo
punto di vista etimologico è sicuramente molto bella, intesa come tra le più
complete e organiche del mondo. Tuttavia in determinati contesti
intercalati nella realtà odierna il termine “bello” può assumere anche il
significato di “virtuoso” e “proficuo”. Da questo punto di vista la nostra
Costituzione non lo è affatto, anzi se analizzata con un freddo occhio clinico
diventa “iperprotettiva” e pertanto anche pericolosa.
Chiunque desideri modificare piccole parti della
stessa si deve attrezzare con una apposita Legge Costituzionale nel rispetto da
quanto previsto dall'articolo 138 della Costituzione. Quindi per
revocare i vitalizi ai parlamentari o ridimensionare il loro trattamento
economico (vista la presenza di implicazioni e riferimenti costituzionali),
abolire le province o accorpare il Senato alla Camera per ottenere un'unica
assemblea parlamentare vi è la necessità obbligata (purtroppo) di ricorrere ad
una modifica costituzionale. Spendiamo qualche riga per ricordare che cosa
significa cambiare un comma o un articolo della nostra carta suprema. Una
Legge Costituzionale, sia che integri o modifichi la Costituzione, è un atto
normativo che necessita di un iter di approvazione parlamentare mediante una procedura
più aggravata e complessa rispetto a quella prevista per qualsiasi legge
ordinaria. L'approvazione del testo deve ottenere due distinte deliberazioni da
parte di ciascun ramo del Parlamento, tra le quali devono intercorrere almeno
tre mesi. Inoltre nella seconda deliberazione, quindi sia alla Camera che
al Senato, viene richiesta la maggioranza assoluta dei votanti.
La legge
costituzionale una volta approvata viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale e
devono passare tre mesi di silenzio/assenso prima che venga promulgata, in
quanto durante tale periodo 1/5 dei deputati, 500.000 elettori o cinque
consigli regionali possono chiedere un referendum confermativo alla
popolazione. Solo in caso di seconda votazione con maggioranza qualificata
(2/3 dei votanti) da parte di Camera e Senato la legge viene tosto promulgata
senza possibilità di referendum confermativo. Significa che nell'ipotesi più
ottimistica ci possono volere anche quindici mesi prima di poter
arrivare alla modifica tanto osannata, sempre che non vi siano nel frattempo
intralci da parte di qualche parte politica. Sapete quante Leggi
Costituzionali di modifica ed integrazione sono state adottate dal 1948 ad
oggi ? Appena 38, di cui quasi un terzo attinenti a modifiche degli statuti
regionali. Con un paese allo sbando economico privo di una governance
politica credibile, a fronte della constatazione popolare di quello che si deve
fare urgentemente per rilanciare l'economia e liberare il paese dal
conservatorismo medioevale che lo caratterizza, ritrovarsi con l'attuale
iter di riforma costituzionale è un po' come pilotare il Titanic
sapendo dell'esistenza del fatidico iceberg ma trovandosi con la barra del
timone bloccata .
Eugenio Benetazzo –
eugeniobenetazzo.com