mercoledì 8 giugno 2016

DEBORA SERRACCHIANI, PIU’ RENZIANA DI RENZI, UNA RINGHIOSA PASDARAN



"Un buon risultato del Pd", con "delle soddisfazioni di cui essere contenti" e addirittura "un miracolo di Bobo Giachetti". Secondo Debora Serracchiani, vicepresidente dem e governatrice della regione Friuli Venezia Giulia, è questa l'analisi più corretta delle elezioni amministrative.

Un quadro talmente ottimista da aver scavalcato persino Matteo Renzi che, seppure in maniera molto timida, ha ammesso che non proprio tutto è andato per il verso giusto. E sembrano quasi speculari le dichiarazioni dei due, con Renzi per una volta nel ruolo di gufo con i suoi "non abbiamo vinto", "non siamo contenti" e "non sono soddisfatto". Persino il ruolo di Giachetti ne esce ridimensionato e passa dal "miracolo" della Serracchiani al "mezzo miracolo" di Renzi.

E' in questo confronto che si può leggere tutta la parabola politica di Debora Serracchiani: diventata famosa a livello nazionale per aver pronunciato da sconosciuto segretario del Pd di Udine un discorso al vetriolo contro l'allora dirigenza dem, oggi è passata a difendere il partito e i suo vertici pure di fronte a un netto arretramento nelle principali città del Paese.

Un percorso fatto di retromarce, di ripensamenti clamorosi e di dichiarazioni contro le minoranze interne, legittimato dai voti conquistati sul territorio e premiato con fulminei avanzamenti nelle gerarchie del partito, di cui oggi è la numero due insieme a Lorenzo Guerini.

In piazza nel 2012 contro le trivellazioni nel mar Adriatico, autrice nel 2014 di un'interrogazione alla Commissione Europea per chiedere vincoli più stringenti, nel 2016 diventa sostenitrice dell'astensione al referendum sul tema. Contraddizione che la rende facile bersaglio dell'opposizione, in particolare del mondo 5 stelle e a cui risponde, in un' intervista al Corriere della Sera , sostenendo si tratti di un referendum inutile perché già superato dagli interventi dell'esecutivo.

Una posizione di governo e non più di lotta già vista altre volte. Nel 2013 si definisce "incazzata" con il Pd per le trattative con il centrodestra sul nuovo presidente della Repubblica, arrivando a rievocare inciuci e bicamerali con Berlusconi e sentenziando "ho anche visto la foto di Bersani che abbracciava Alfano e ho pensato: abbiamo toccato il fondo". Nulla da dire invece sul Patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi o sul governo Renzi con Angelino Alfano ministro dell'Interno.

Si passa poi al capitolo intercettazioni. Anno 2011: "Sulle intercettazioni non possiamo andare contro la corte di giustizia europea che pone il diritto di cronaca prima di tutto anche prima del diritto alla privacy dei politici. A nessuno il dottore ha ordinato fare politica e chi la fa la deve fare anche per dare l'esempio. Il politico rappresenta le istituzioni e quindi non esistono suoi comportamenti privati che non incidano sulla credibilità pubblica". Poi, nel 2013, la sua giunta in Friuli Venezia Giulia viene investita da una serie di guai giudiziari, con al centro la pubblicazione di alcune conversazioni di un assessore. C'è quindi il primo ripensamento sul tema "Fin che si trattava di Berlusconi credevo fosse un problema di Berlusconi, adesso onestamente immagino si possa dire che si debba fare una riflessione" che sarà certificato dalla presa di posizione nel 2015 in cui dichiara "sulle intercettazioni servono regole precise che demarchino una volte per tutte quelle che sono pubblicabili da quelle che invece devono rimanere riservate".

Ma i veri problemi per Serracchiani potrebbero adesso arrivare dal campo in cui si è sempre dimostrata più forte: quello dei voti conquistati sul territorio. Dopo l'exploit delle europee 2009, in cui prese 144mila preferenze nel Nord-Est, e dopo aver strappato la presidenza del Friuli Venezia Giulia al centrodestra nel 2013 grazie a un numero di preferenze sul nome molto superiore ai voti delle liste che la sostenevano, le ultime amministrative le stanno riservando non poche preoccupazioni.

I due capoluoghi delle sua regione chiamati alle urne, Trieste e Pordenone, hanno visto un pesante arretramento dei democratici che amministravano le città. I prossimi ballottaggi vedono infatti i candidati Pd dietro di 10 punti a Trieste e di 12 punti a Pordenone, con il partito che ha perso 4 punti a Trieste rispetto al 2011 e 2 punti a Pordenone. Serracchiani però vede il bicchiere mezzo pieno: "Nei comuni sotto i 15mila abitanti il centrosinistra conferma quasi tutte le amministrazioni uscenti e conquista quattro comuni di centrodestra, tra cui la simbolica città di Latisana". Già, Latisana: dove il circolo locale del Pd si è sciolto e ha riconsegnato le tessere per protestare contro la decisione della regione di chiudere il locale punto nascita. E dove proprio il Pd non ha presentato alcuna lista. Davvero una città simbolica.