La crisi in
Grecia non guarda proprio in faccia a nessuno. Martedì scorso il governo di
Antonis Samaras ha sospeso le trasmissioni della tv e della radio pubblica, la
Ert, la televisione pubblica del Paese. Ciò significa innanzitutto il
licenziamento di oltre 2.780 dipendenti dell’Etr. La mossa è legata al piano di
privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale, voluto dalla Troika
come condizione al proseguimento del piano di aiuti internazionali.
All’emittente pubblica fanno capo cinque stazioni televisive (ET1, Net,
ET3, Ert World e Ert HD), 29 radiostazioni, siti web, un settimanale, oltre
l’Orchestra Sinfonica Nazionale Greca e il Coro di Ert. E proprio le
immagini dell'ultimo concerto della National Symphony Orchestra, svoltosi
venerdì sera al Radiomegaro di Agia Paraskevi, la sede della tv di Stato,
sono rappresentative della situazione che sta vivendo non solo la “Rai greca”,
ma tutto il Paese. Come si vede nel video, in primo piano spiccano le lacrime
della violinista.
Ma il caso
Ert potrebbe però riaprirsi. “È illegale. Il governo ha chiuso la principale emittente del paese”, una
mossa più “simile a un governo tipo Ceausescu che a una democrazia” denuncia il
leader del maggior sindacato greco dei dipendenti televisivi, Panayotis
Kalfayanis. I quasi 2.800 dipendenti della tv pubblica hanno presentato ricorso
all’Alta Corte di Stato ellenica, dal momento che pare ci siano i margini
di incostituzionalità nella decisione del premier di chiudere Ert. Il
giudice amministrativo del Consiglio di Stato dovrebbe pronunciarsi sul ricorso
il prossimo lunedì. Se a vincere dovesse essere la Ert, il governo a
sorpresa sarebbe costretto a ripristinare almeno temporaneamente il segnale
nelle successive 24 ore. C'è da dire che già nei giorni direttamente successivi
alla chiusura, lo stesso Samaras aveva ipotizzato la nomina d'una
commissione incaricata di richiamare al lavoro ”un piccolo numero d'impiegati”
per far ripartire ”immediatamente i programmi d'informazione”. (fanpage.it)
Non è
possibile, non è pensabile continuare ad assistere con impotenza indifferente
alla tragedia senza fine che colpisce il popolo greco, un paese a due passi da
noi, un paese che si sta letteralmente sgretolando, sotto i colpi della Troika,
della Commissione europea, della BCE del FMI. Una paese che sta lentamente
scivolando in un medioevo di miseria, povertà e barbarie. In Grecia chi contrae
una malattia come il cancro o l’AIDS deve pagarsi le costosissime terapie, perché
non esiste più un Sistema Sanitario Nazionale. I più abbienti hanno una
possibilità di sopravvivere, i più indigenti vanno incontro a morte sicura. Si
patisce la fame, quella vera, quella che riporta la nostra memoria di
italiani alla seconda guerra mondiale,
all’immediato dopo guerra, a fenomeni paragonabili alla borsa nera. Il sistema
bancario greco è da tempo collassato, le banche sono tutte fallite, nelle loro
casse vuote ci sono solo sofferenze e nessuna redditività. Si assiste ai primi
fenomeni di malnutrizione tra i neonati, la mortalità infantile si è alzata e,
nello stesso tempo, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, si
assiste ad un abbassamento della speranza di vita in un paese occidentale. Si
usa sempre meno la moneta e si ricorre sempre di più al baratto. Si chiude l’emittente
pubblica locale, paragonabile alla nostra RAI, si licenziano 2800 persone, si
spegne l’informazione, con la sola esclusione di quella privata, finanziata da
qualche tycoon, e quindi totalmente inattendibile. Non è possibile assistere
allo sfacelo, alla liquidazione di una
nazione intera, un paese dal quale discendiamo e cui dobbiamo molto culturalmente,
una nazione europea a tutti gli effetti, e trattata dagli spregevoli burocrati
europei come un problema da liquidare con sacrifici, rigore, austerità. Cosa
deve sacrificare ancora un paese che non ha più nulla da offrire, che ha messo
in vendita le proprie isole, che non può più tagliare nulla della spesa
pubblica semplicemente perché non esiste più una spesa pubblica. Il welfare è
definitivamente tramontato, e vige la cinica legge del “ognun per sé”. Chiedere
rigore nei conti ad un paese dove la disoccupazione riguarda la metà della popolazione
equivale a cavare sangue da una rapa. Suona anzi come un dileggio, una tragica
vessazione perpetrata dalle ignobili istituzioni europee che nel “salvataggio”
della Grecia hanno sbagliato tutto. Se si fosse intervenuti subito, con la
somma necessaria, le sorti del pese si potevano risollevare: si è scelto, la
Germania ha scelto di diluire gli aiuti con il contagocce e siamo arrivati a
questo punto. Meraviglia, in effetti, la compostezza di questo popolo, che non
si è mai lasciato andare, nonostante l’enorme instabilità sociale, alla
violenza, alla guerra civile, alle sparatorie per le strade. Movimenti
estremistici come “alba dorata”, dopo un primo, iniziale successo, nell’ultima tornata
elettorale si sono visti notevolmente ridimensionati, non hanno riscosso il successo che si poteva supporre.
Meraviglia, dunque e desta la nostra ammirazione
il dignitosissimo comportamento del popolo greco, meritevole di tutto il nostro
rispetto e la nostra ammirazione. Rimane, amarissima, la colpevole, inaudita
indifferenza di tutti gli altri stati della cosiddetta eurozona, che continua a
far galleggiare la Grecia non facendola uscire dall’euro, che, al punto in cui
siamo, ci appare come uno dei fattori fondamentali del dramma di quel paese. Le
cose si sono spinte talmente in avanti
che un ritorno alla dracma, tutto sommato, sarebbe il male minore. Ci pensino i
politicanti greci che hanno chiuso la televisione di stato, che obbediscono
come tanti soldatini agli ordini che arrivano da Francoforte. E facciamo anche
noi un bell’esame di coscienza, per la nostra totale ottusità dinanzi un simile
dramma. Verrà un giorno, forse neppure troppo lontano, che, se continuiamo a
far comandare i tedeschi, potremmo fare una fine non troppo lontana da quella
greca. Vedremo se sapremo reagire con la stessa composta dignità. Ne dubito.
Davvero questa Europa è stata una cocente delusione, davvero questo Euro non
rappresenta niente e nessuno, ci farà solo sbattere contro un muro. Ma sopra
tutto, al di là di tutto, rimangono , indelebilmente impresse nelle nostre
coscienze, se ne abbiamo una, le lacrime della violinista che ha suonato per l’ultima
volta davanti ad una televisione di stato che non c’è più.