martedì 18 ottobre 2016

L'ATROCE CASO DI VERONICA PANARELLO



Piange Veronica Panarello, quando ascolta il giudice pronunciare la sentenza che la condanna a 30 anni di carcere. Si sente vittima di un'ingiustizia, perché come dice il suo legale Francesco Villardita, si ritiene innocente, oppure era davvero convinta di poter ingannare tutti?
Si fatica ad ascoltare storie come questa, quando le madri uccidono i figli non resta più niente, non c'è più spazio neanche per la compassione: difficile commiserarla per un'infanzia difficile, per la solitudine di una vita vissuta ai margini. Lei dice di essere innocente e sarebbe bello crederle, perché nessuno vorrebbe sapere di una madre che ammazza il suo bambino e lo getta come un sacco della spazzatura dove nessuno possa trovarlo, lasciandolo disteso senza vita e senza dignità. Nessuno vorrebbe un mondo così abietto, e invece.
Quando un imputato si dice innocente la tentazione è spesso quella di credergli, perché è più semplice non sapere come siano andate certe cose piuttosto che accettare la peggiore delle verità, ma è importante non perdere mai di vista il centro della storia, che è sempre rappresentato dalla vittima, anche quando rimangono solo i carnefici a raccontare come è andata.
In questa vicenda il gip di Ragusa sottolinea "l'evidente volontà di infliggere alla vittima sofferenze" con "un'azione efferata, rivelatrice di un'indole malvagia e prima del più elementare senso d'umana pietà". Loris ha impiegato diversi minuti per morire, chissà cosa ha pensato in quel tempo lunghissimo di sofferenza e disperazione.
"In quell'angolo buio entrò soltanto lei", ha detto il pm che ha seguito le indagini, ma non voleva cadere da sola, ha cercato in ogni modo di trascinare con sé una persona che ha sempre avuto accanto, che le voleva bene e alla quale, forse, ha voluto bene anche lei. Come se dare al suocero la colpa del delitto e avere "solamente" gettato il proprio figlio in un canalone nelle campagne di Santa Croce Camerina - un volo di tre metri che ha fratturato il cranio del bambino già esanime - potesse attenuare la gravità dei suo gesto.
Nell'ultima delle sue versioni racconta di aver visto il figlio a terra strangolato con un cavo usb e di essere andata con il suocero a disfarsi del corpo ancora caldo. Questa versione agghiacciante le porterà altri guai perché il giudice non crede a questo racconto e ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura per procedere nei suoi confronti per il reato di calunnia nei confronti del nonno di Loris. Avrebbe potuto raccontare di una relazione con il macellaio o con il parroco del paese, sarebbe stato allo stesso modo plausibile sulla base delle prove e degli indizi, ma il suocero suona più immorale e meschino - infanga la famiglia intera - e forse Veronica Panarello parla di sé anche nelle menzogne che racconta.
Non si tratta di un delitto premeditato, ma dopo avere ucciso il figlio e aver gettato il suo corpo in un canalone, Veronica Panarello non cambia i suoi piani e prosegue con la sua auto verso il castello di Donnafugata a pochi chilometri da casa e frequenta, come previsto, il corso per imparare a usare il Bimbi, "il robot da cucina multifunzione che fa esprimere al massimo le tue capacità culinarie, risparmiandoti tempo e fatica".
Le donne che erano con lei non la conoscevano, ma nessuna nota qualcosa di strano. È possibile che non fossero attente, ma non hanno trovato una donna tesa, nervosa, spaventata. Veronica non piangeva, non era disperata, non si gettava per terra pregando il cielo di perdonarla, come sarebbe ragionevole supporre. Quindi mi domando, perché Veronica Panarello adesso piange?