Piange Veronica Panarello, quando ascolta il giudice pronunciare la
sentenza che la condanna a 30 anni di carcere. Si sente vittima di
un'ingiustizia, perché come dice il suo legale Francesco Villardita, si ritiene
innocente, oppure era davvero convinta di poter ingannare tutti?
Si fatica ad
ascoltare storie come questa, quando le madri uccidono i figli non resta più
niente, non c'è più spazio neanche per la compassione: difficile commiserarla
per un'infanzia difficile, per la solitudine di una vita vissuta ai margini.
Lei dice di essere innocente e sarebbe bello crederle, perché nessuno vorrebbe
sapere di una madre che ammazza il suo bambino e lo getta come un sacco della
spazzatura dove nessuno possa trovarlo, lasciandolo disteso senza vita e senza
dignità. Nessuno vorrebbe un mondo così abietto, e invece.
Quando un
imputato si dice innocente la tentazione è spesso quella di credergli, perché è
più semplice non sapere come siano andate certe cose piuttosto che accettare la
peggiore delle verità, ma è importante non perdere mai di vista il centro della
storia, che è sempre rappresentato dalla vittima, anche quando rimangono solo i
carnefici a raccontare come è andata.
In questa
vicenda il gip di Ragusa sottolinea "l'evidente volontà di infliggere alla
vittima sofferenze" con "un'azione efferata, rivelatrice di un'indole
malvagia e prima del più elementare senso d'umana pietà". Loris ha
impiegato diversi minuti per morire, chissà cosa ha pensato in quel tempo
lunghissimo di sofferenza e disperazione.
"In
quell'angolo buio entrò soltanto lei", ha detto il pm che ha seguito le
indagini, ma non voleva cadere da sola, ha cercato in ogni modo di trascinare
con sé una persona che ha sempre avuto accanto, che le voleva bene e alla
quale, forse, ha voluto bene anche lei. Come se dare al suocero la colpa del
delitto e avere "solamente" gettato il proprio figlio in un canalone
nelle campagne di Santa Croce Camerina - un volo di tre metri che ha fratturato
il cranio del bambino già esanime - potesse attenuare la gravità dei suo gesto.
Nell'ultima
delle sue versioni racconta di aver visto il figlio a terra strangolato con un
cavo usb e di essere andata con il suocero a disfarsi del corpo ancora caldo.
Questa versione agghiacciante le porterà altri guai perché il giudice non crede
a questo racconto e ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura per
procedere nei suoi confronti per il reato di calunnia nei confronti del nonno
di Loris. Avrebbe potuto raccontare di una relazione con il macellaio o con il
parroco del paese, sarebbe stato allo stesso modo plausibile sulla base delle
prove e degli indizi, ma il suocero suona più immorale e meschino - infanga la
famiglia intera - e forse Veronica Panarello parla di sé anche nelle menzogne
che racconta.
Non si
tratta di un delitto premeditato, ma dopo avere ucciso il figlio e aver gettato
il suo corpo in un canalone, Veronica Panarello non cambia i suoi piani e
prosegue con la sua auto verso il castello di Donnafugata a pochi chilometri da
casa e frequenta, come previsto, il corso per imparare a usare il Bimbi,
"il robot da cucina multifunzione che fa esprimere al massimo le tue
capacità culinarie, risparmiandoti tempo e fatica".
Le donne che
erano con lei non la conoscevano, ma nessuna nota qualcosa di strano. È
possibile che non fossero attente, ma non hanno trovato una donna tesa,
nervosa, spaventata. Veronica non piangeva, non era disperata, non si gettava
per terra pregando il cielo di perdonarla, come sarebbe ragionevole supporre.
Quindi mi domando, perché Veronica Panarello adesso piange?