Immaginate un padre di
famiglia super indebitato – con gli usurai e i creditori sulla porta di casa –
che decida di regalare 80 euro ciascuno ai suoi figli per mandarli al parco dei
divertimenti. La favoletta-incubo che abbiamo vissuto nei mesi scorsi e che ha
portato il segretario pro-tempore del Pd a un consenso di oltre il 40 per cento
dei voti sulla metà degli elettori italiani si può riassumere così. Un
incosciente – che pure conoscerebbe a menadito il bilancio statale, secondo gli
agiografi imparato a memoria e custodito sul comodino – che mente ai suoi, li
illude e li porta al fallimento. Per fortuna nostra, egli non è solo al posto
di guida del governo e le continue smentite-ritrattazioni sono il frutto di
decine di persone di buonsenso che – dietro le quinte dello spettacolino
mediatico che molti per mesi hanno bevuto e apprezzato – riescono a fermare e
bloccare le promesse insensate (primo fra tutti il capo dello stato, impegnato
a rimettere la barra dritta quasi tutti i giorni). Al rientro da un’estate in
cui ci siamo immersi nel sangue della cronaca nera – un horror continuo molto
alimentato dai giornali e dalle tv – scopriamo che il premier aveva scherzato.
Non ci saranno riforme mensili, non si cambierà verso, non succederà nulla di
diverso dai soliti governi: leggi delega, decreti attuativi, regolamenti da
scrivere nei prossimi anni, rinvii di provvedimenti che sembravano già
incassati. Eppure, basterebbe dire la verità agli italiani. Quella sarebbe una
rivoluzione: mostrare i conti veri e ragionare insieme su dei sacrifici
inevitabili, per poi ripartire senza questa ombra che ci sentiamo addosso,
l’ombra del disastro che aleggia e tiene il paese in una condizione di paura
senza precedenti. Siamo spaventati, terrorizzati. Più di quando eravamo poveri
sul serio, più di quando i terroristi internazionali e nostrani sparavano e
gambizzavano nelle strade. Ora più che mai è la paura che governa le scelte
delle persone. Chi può, da Marchionne al cameriere che tenta la fortuna
all’estero, se ne scappa dall’Italia. Chi resta, sa che il suo patrimonio –
anche senza quella patrimoniale che era necessaria e che fu rinnegata senza
motivo – è dimezzato e non può essere messo sul mercato per mancanza di
clienti. Anche gli entusiasti del presidente del Consiglio dicono di esserlo
solo perché “dopo non c’è niente”, sai che allegria. Dopo, magari meglio se
subito, dovrebbe esserci la verità. Quella che dovevano dire Mario Monti ed
Enrico Letta. Quella che Matteo Renzi ha nascosto dietro una mancia
costosissima e poco produttiva. Ho nostalgia di Giuliano Amato 1992: si
presentò pallido come un cencio in tv, ci disse come stavano le cose, ci dette
una gran mazzata, riposizionò l’Italia fra i grandi dell’Europa (dove non siamo
più da tempo). E il giorno dopo ripartimmo, tutti insieme, verso la ripresa.
Quella vera.
Barbara Palombelli - Il Foglio